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Attività Fisica E Mortalità Tra Soggetti Maschi Sopravvissuti All'infarto Miocardico

Notizia Testuale Free Medical

L'attività fisica (PA) è stata associata ad un minor rischio di coronaropatie (CHD, coronary heart disease) in molti studi epidemiologici. Diversi meccanismi spiegano questa associazione, tra cui un miglioramento del profilo lipidico nel sangue, diminuzione della sua coagulabilità e della pressione sanguigna, aumento della sensibilità all'insulina e migliore controllo del peso corporeo. Infatti, in molti studi è stata osservata una relazione inversa tra attività fisica e rischio di CHD, ma prove dei benefici della PA dopo infarto del miocardio nel ridurre la mortalità sono limitate. Nello studio di Al-Shaar et al. (Med Sci Sports Exerc. 2020 Aug;52(8):1729-1736) utilizzando i dati del Health Professionals Follow-Up Study (studio iniziato nel 1986, con lo scopo di valutare una serie di ipotesi sulla salute degli uomini che mette in relazione fattori nutrizionali con l'incidenza di malattie gravi, come cancro, malattie cardiache e altre malattie vascolari), gli autori hanno seguito maschi sopravvissuti ad infarto miocardico (IM): sono stati valutati i cambiamenti a breve e lungo termine nella PA da prima a dopo l'infarto e i partecipanti sono stati classificati in categorie di PA mantenuta bassa, ridotta, aumentata o mantenuta alta. Durante un periodo di 14 anni di follow-up di 1651 casi di infarto del miocardio non fatale (età media di 65 anni, range 40-89, durante l'infarto), sono stati documentati 678 decessi, 307 dovuti a malattie cardiovascolari. Livelli più elevati di PA prima di un IM acuto erano associati ad una maggiore sopravvivenza dopo l'attacco, e il mantenimento di una PA elevata o un aumento a lungo termine della PA da prima a dopo l'infarto, era associato ad un minor rischio post-IM di mortalità per CHD. Rispetto ai soggetti che hanno mantenuto una PA bassa prima e dopo l'infarto miocardico, chi ha mantenuto una PA alta aveva un rischio inferiore del 39% (95% CI = 25-50) di mortalità per tutte le cause (non solo quelle legate a CHD) e quelli che avevano aumentato nel lungo periodo la PA dopo l'IM, rispetto a prima, aveva un rischio inferiore del 27% (95% CI = 6-43). Camminare per > 30 min/giorno dopo IM è stato associato ad una mortalità inferiore del 29% (HR = 0,71, IC 95% = 0,58-0,84), indipendentemente dal ritmo di camminata, e comunque quest'ultimo, dopo IM, era inversamente associato alla mortalità (HR = 0,67, IC 95% = 0,49-0,92). Il mantenimento di una PA elevata o un aumento nel lungo periodo della PA da prima a dopo l'IM è stato associato ad una mortalità inferiore tra soggetti maschi sopravvissuti all'IM. Il tempo e il ritmo di camminata dopo MI erano entrambi inversamente associati alla mortalità. I risultati confermano le più recenti linee guida sull'attività fisica e le attuali linee guida dell'American College of Cardiology e American Heart Association per la gestione dei pazienti con infarto miocardico, che supportano un piano di cura di post-ospedalizzazione che include la PA e altre modifiche di fattori legati allo stile di vita. I risultati sottolineano il valore del mantenimento di una PA regolare per tutta la vita adulta perché una maggiore PA è associata sia ad un rischio inferiore di IM che ad una maggiore sopravvivenza tra coloro che ne hanno subito uno. Camminare, un'attività comune tra la popolazione anziana, sembra conferire una sostanziale riduzione del rischio di mortalità.

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