VO₂max, FULT e RE: il deterioramento fisiologico oltre i 90 minuti di corsa

VO₂max, FULT e RE: il deterioramento fisiologico oltre i 90 minuti di corsa

La maratona è un evento di corsa di resistenza molto popolare, con oltre un milione di partecipanti che la completano ogni anno.

Il modello classico della corsa di resistenza suggerisce che la velocità della maratona possa essere prevista, fisiologicamente, dal “VO₂ di prestazione” di un corridore, che è dato dal massimo consumo di ossigeno (VO₂max) e dal suo utilizzo frazionale alla soglia del lattato (FULT, percentuale del VO₂max che un atleta può sostenere prima dell’accumulo significativo di lattato), e dalla successiva conversione dell’energia metabolica in velocità di corsa, descritta dall’economia di corsa (RE).

Nel modello di Joyner (Joyner MJ. J. Appl. Physiol.70(Z): 683-687, 1991), questi tre fattori fisiologici vengono utilizzati per calcolare la velocità alla soglia del lattato (sLT, definita come la velocità che provoca un aumento del lattato nel sangue al di sopra dei valori basali), che è strettamente associata alla velocità della prestazione in maratona.

Sebbene questo modello possa essere utilizzato per stimare la prestazione, un suo limite è che non tiene conto delle variazioni temporali in questi tre determinanti che derivano dall’affaticamento durante l’esercizio prolungato.

La capacità di minimizzare le variazioni fisiologiche dannose durante l’esercizio prolungato è stata recentemente suggerita come un quarto determinante, indipendente della prestazione di resistenza, definito “resilienza” o “durabilità“.

Nello specifico, la durabilità descrive il tempo di insorgenza e l’entità del deterioramento delle prestazioni e dei suoi determinanti durante o dopo l’esercizio prolungato. In effetti, vi è un crescente numero di prove che indicano che i determinanti delle prestazioni di resistenza non sono statici e cambiano durante l’esercizio prolungato.

Sebbene i cambiamenti nella RE siano stati studiati durante e dopo corsa prolungata, quelli che possono verificarsi nel VO2max e nel FULT sono in gran parte sconosciuti e il loro impatto sulla sLT, strettamente correlato alla velocità della maratona, non è stato studiato.

Se il VO2max venisse ridotto dall’esercizio prolungato, ciò potrebbe avere un impatto negativo sulle prestazioni nella maratona a causa dell’aumento dell’intensità relativa necessaria per mantenere una determinata velocità. Inoltre, una riduzione del VO2max potrebbe limitare la capacità di produrre sforzi ad alta intensità nelle fasi finali di una gara.

Se VO2max, FULT e RE cambiano dinamicamente durante la corsa prolungata, ciò ha importanti conseguenze per le prestazioni di gara e la modellazione, in particolare per la maratona. Ad esempio, se la RE peggiora (aumentando il VO2 sub-max) e il VO2max diminuisce, allora la FULT all’intensità della maratona aumenterebbe, rendendo l’esercizio sempre più insostenibile.

Pertanto, quantificare l’entità dei cambiamenti nei determinanti fisiologici della prestazione durante corsa prolungata e la loro dipendenza dalla durata può fornire ulteriori informazioni sui limiti delle prestazioni di resistenza. Inoltre, se i tassi di deterioramento sono noti, ciò può aiutare a sviluppare strategie di allenamento e di gara efficaci, ad esempio per consentire agli atleti di regolare il proprio ritmo e cronometrare il loro sforzo finale in uno scenario di gara.

Nello studio di Zanini et al. (Scand J Med Sci Sports. 2025 May;35(5): e70076. doi: 10.1111/sms.70076), gli autori hanno misurato le variazioni nel V̇O2max, FULT, RE e sLT dopo una corsa di 90 e 120 min in condizioni di intensità elevata.

Sono stati selezionati quattordici maratoneti allenati (VO2max 63,1 ± 5,8 mL·kg1·min1; tempo della maratona 2:46:58 h:mm:ss). I partecipanti hanno visitato il laboratorio in tre occasioni. La prima visita consisteva in una valutazione della corsa su tapis roulant incrementale discontinua (step test, composto da 7-10 fasi di 3 min, con incrementi di velocità di 1 km·h−1 per fase, fino al raggiungimento dell’esaurimento volontario; ogni fase era intervallata da un recupero di 30 se per consentire la raccolta di un campione di sangue capillare dal lobo dell’orecchio per la determinazione della concentrazione di lattato, BLa ), per valutare la velocità alla soglia del lattato (LT, Lactate Threshold) e la seconda soglia del lattato (LT2, il lattato nel sangue aumenta rapidamente, segnalando che il corpo sta producendo più acido lattico di quanto riesca a smaltire. È associata al passaggio da esercizio di intensità moderata a intensità pesante).

Dopo un recupero di 5 min, i soggetti hanno eseguito un test incrementale continuo per valutare il VO2max (la velocità era impostata a 2 km/h−1 inferiore alla velocità finale raggiunta nello step test, con una pendenza dell’1%. Ogni minuto successivo, la pendenza aumentava dell’1% fino al raggiungimento dell’esaurimento volontario).

Durante entrambi i test, i partecipanti hanno indossato una maschera per misurare la composizione del gas nell’aria inspirata ed espirata tramite un carrello metabolico a circuito aperto.

Nella seconda e terza visita, dopo aver misurata la massa corporea (BM), i soggetti hanno eseguito una corsa di 90 e 120 min (in ordine randomizzato e controbilanciato) ad una velocità corrispondente ad una differenza del 10% tra LT e LT2 (quindi al di sopra di LT ma al di sotto di LT2. Questa intensità rappresenta una zona stabile ma impegnativa, tipica della corsa di resistenza ad alto livello).

Durante le corse venivano raccolti i gas respiratori, frequenza cardiaca, lattato e percezione dello sforzo ogni 15 min. La media dei dati del VO2 e VCO2 raccolti durante gli ultimi 2 min di ogni fase (il campionamento veniva eseguite per 5 min durante i 15 min, in cui venivano monitorati anche la frequenza cardiaca, la concentrazione del lattato e valutato lo sforzo percepito) è stata utilizzata per calcolare il costo dell’ossigeno della corsa espresso come mL·kg−1·km−1, come misura della RE.

Per tenere conto delle variazioni della BM durante le sessioni prolungate, è stata misurata la BM prima e dopo le prove di corsa e si è utilizzata una regressione lineare per stimare la BM a ciascun punto temporale di misurazione. L’RE è stata quindi calcolata sulla base della BM corretta per ciascun punto temporale.

Dopo la corsa prolungata, i soggetti hanno svolto una corsa al 65% della LT per 15 min per consentire al BLa di tornare al livello basale.

In seguito hanno eseguito lo step test, seguito da un’altra misurazione della massa corporea e dopo un ulteriore recupero di 5 min, da un test a rampa massimale fino all’esaurimento. Per entrambi i test si sono utilizzate le identiche procedure descritte nella prima visita.

Poiché nei test a rampa fino all’esaurimento, è stato riscontrato un plateau del V̇O2 in 13, 7 e 2 soggetti (su 13) rispettivamente nelle prove pre-corsa, post-90 e post-120 min, è stato utilizzato il V̇O2 di picco (V̇O2picco) come indicatore del VO2max.

I partecipanti hanno completato le corse prolungate a 14,1 ± 0,9 km·h−1, ad un’intensità iniziale corrispondente al 79,3% ± 4,5% V̇O2max, coprendo 21,2 ± 1,4 km (intervallo 19,5–24,5 km) e 28,2 ± 1,8 km (intervallo 26,0–33,0 km) rispettivamente nelle prove da 90 min e 2 ore.

I risultati hanno evidenziato che la diminuzione del V̇O2picco (−3,1%, p = 0,04 [post-90]; −7,1%, p < 0,001 [post-120]) e il successivo aumento della FULT (+2,8%, p = 0,03 [post-90]; +4,9% p = 0,01 [post-120]) si sono verificati entrambi ad un tasso crescente con la durata della corsa, con cambiamenti della FULT collegati alla diminuzione del VO2picco, mentre la RE (mL·kg1·km1) si è deteriorata in modo più lineare con il tempo (del 4,2% [post-90] e del 5,8% [post-120], p < 0,001).

Anche la sLT ha mostrato una diminuzione non lineare, da 14,0 a 13,5 (p = 0,01 post-90), a 13,0 km·h−1 (p < 0,001 post-120).

I risultati dimostrano che tutti e tre i fattori determinanti della prestazione cambiano dopo 90 min di corsa e si alterano ulteriormente tra 90 e 120 min.

Nello specifico, la RE ha mostrato un deterioramento relativamente lineare (del -4,2% e del -5,8% a 90 e 120 minuti), il V̇O2picco è diminuito in modo sempre più non lineare, in modo sottile a 90 min, ma in modo più marcato dopo 120 min (del -3,1% e del -7,1%), mentre la FULT è aumentata del +2,8 e del +4,9%. La sLT, che è strettamente associata alla velocità della maratona, è diminuita del 3,0% e del 6,6% dopo 90 e 120 min. Inoltre, la diminuzione simultanea del V̇O2picco e il peggioramento della RE hanno portato ad un notevole aumento dell’intensità della prova (cioè FUrun), dal 79 all’85 e al 91% del V̇O2picco tra 15, 90 e 120 min, rendendo la corsa prolungata sempre più insostenibile e spiegando lo sviluppo dell’affaticamento.

Lo studio mostra che i tre determinanti classici della performance legata alla maratona, si deteriorano nel tempo (V̇O2picco diminuisce del −3.1% dopo 90 min, −7.1% dopo 120 min; la RE aumenta: del +4.2% e +5.8% di ossigeno consumato/km; infine, la FULT aumenta del +2.8% e +4.9%).

Questi cambiamenti non sono banali, perché l’aumento della FULT significa che per tenere il passo, il corpo lavora più vicino ai suoi limiti aerobici. La riduzione del V̇O2picco rende meno disponibile l’ossigeno, rendendo più difficile sostenere sforzi intensi. Il peggioramento della RE porta ad un costo energetico più alto per ogni chilometro percorso. Lo stesso ritmo di corsa diventa progressivamente più faticoso e meno sostenibile. Nelle fasi finali della gara, l’atleta ha meno riserva fisiologica per sprint, variazioni di ritmo, o mantenere l’intensità. Il calo della sLT (velocità alla soglia lattato) da 14,0 a 13,0 km/h indica che la velocità sostenibile cala nel tempo, anche se il ritmo rimane costante.

Tradotto in una strategia di allenamento, serve un’ottima durabilità, intesa come la capacità di limitare il deterioramento fisiologico. Allenamenti mirati alla durabilità (ad esempio, l’allenamento della forza si è già dimostrato efficace in diversi sport di resistenza) possono ritardare questi cali e migliorare il finale di gara.