Più reattivo, meno stanco: come la rigidità meccanica migliora le tue prestazioni

Più reattivo, meno stanco: come la rigidità meccanica migliora le tue prestazioni

Durante la locomozione, le proprietà meccaniche degli arti inferiori possono essere spiegate utilizzando il modello massa-molla, in cui gli arti inferiori agiscono come una molla e la massa corporea è rappresentata come un massa puntuale.

Nel modello massa-molla, la costante della molla rappresenta la rigidità meccanica delle estremità inferiori, rappresentando la resistenza della molla (estremità inferiori) alla deformazione.

Se gli arti inferiori presentano una maggior rigidità, possono sopportare forze maggiori durante l’atterraggio senza collassare, il che è utile per attività dinamiche come la corsa e il salto. Questa capacità di resistere a forze maggiori sottolinea l’importanza della rigidità meccanica, che contribuisce considerevolmente a vari aspetti delle prestazioni umane, tra cui il tasso di sviluppo della forza, accumulo e utilizzo dell’energia elastica e cinematica dello sprint (ad esempio tempi di contatto e di volo, lunghezza e frequenza del passo).

Si ritiene che l’aumento della rigidità meccanica sia un elemento determinante nelle prestazioni atletiche.

Questo si osserva in movimenti come la corsa e il salto, dove movimenti più economici sono vantaggiosi per la prestazione. Ad esempio, una maggiore rigidità meccanica negli arti inferiori può contribuire a creare una falcata più reattiva ed elastica. Questa maggiore rigidità meccanica riduce il fabbisogno energetico riducendo al minimo la perdita di energia durante la fase di contatto con il suolo, migliorando così la propulsione e la velocità di corsa.

Allo stesso modo, una maggiore rigidità aiuta a generare e trasferire rapidamente la forza, consentendo agli atleti di saltare più in alto e più lontano con un dispendio energetico minimo, riducendo così il fabbisogno energetico complessivo.

La rigidità meccanica può essere misurata e riportata in tre modi distinti: rigidità verticale (Kvert), rigidità dell’arto (Kleg) e rigidità articolare (Kjoint).

La Kvert descrive il movimento lineare del centro di massa (COM) dell’intero corpo in direzione verticale (Kvert=Fmax/∆y, dove Fmax= forza verticale massima di reazione al suolo; ∆y= spostamento verticale del centro di massa).

La Kleg descrive la variazione della lunghezza dell’arto (lunghezza dal grande trocantere al pavimento, Kleg=Fmax/∆L, dove Fmax= forza verticale massima di reazione al suolo, ∆L= variazione della lunghezza della gamba durante il contatto con il suolo). Quindi, la Kleg è simile alla Kvert, ma include la variazione della lunghezza dell’arto (ΔL) come variabile denominatore al posto dello spostamento COM.

La Kjoint descrive la resistenza al cambiamento a livello dei singoli segmenti articolari (anca, ginocchio e caviglia). La Kjoint è definita come il rapporto tra momento angolare e lo spostamento spostamento angolare dell’articolazione (Kjoint=Jm/Jd, dove Jm= momento articolare, Jd= spostamento angolare dell’articolazione).

Quindi, le Kvert e KLeg sono misure lineari della rigidità degli arti inferiori, mentre la Kjoint è una misura della rigidità rotazionale.

Dato il ruolo determinante dell’aumento della rigidità meccanica sulle prestazioni e sulla locomozione, diversi studi hanno implementato programmi di forza e condizionamento progettati per aumentare la rigidità meccanica. Questi metodi  variano dall’applicazione di azioni di salto e pliometrico, al sollevamento pesi olimpico o basati sulla potenza, così come esercizi di corsa in avanti e indietro.

Nonostante la variabilità dei metodi utilizzati, gli allenamenti più efficaci per aumentare la rigidità meccanica negli atleti di entrambi i sessi devono ancora essere identificati. Date le note differenze anatomiche e fisiologiche tra i sessi, è plausibile che esistano differenze specifiche per sesso nella risposta all’allenamento.

Ad esempio, gli estrogeni sono stati correlati negativamente con la produzione di forza e rigidità muscolo-tendinea (r = -0,43, p = 0,02) nelle femmine, mentre non è stata osservata alcuna correlazione significativa tra queste variabili nei maschi.

Questi risultati supportano l’idea che ci si possano aspettare differenze di genere nella rigidità meccanica.

Nello studio di Bandara et al. (J Sports Sci. 2025 Apr;43(8): 776-795. doi: 10.1080/02640414.2025.2477394), gli autori hanno eseguito una revisione sistematica e meta analisi per esaminare l’effetto di allenamenti di forza e condizionamento sulla rigidità meccanica muscolo tendinea.

L’articolo ha incluso 23 studi (14 RCT e 9 studi pre-post), 40 gruppi sperimentali (632 soggetti) e 19 gruppi di controllo (346 soggetti). I partecipanti provenivano da diverse livelli di formazioni sportive, tra cui: atleti di livello nazionale, corridori amatoriali, studenti universitari, giocatori di pallamano adolescenti, taekwondoka, ginnaste ritmiche, triatleti, rugbisti e calciatori professionisti.

L’età dei soggetti variava da 8 a 41 anni. Per quelli più giovani, sono stati analizzati soggetti prepuberi (non hanno ancora iniziato la pubertà. Il loro sistema muscolo-scheletrico è ancora in fase di sviluppo iniziale), puberi (si trovano nel pieno della pubertà, con cambiamenti ormonali e fisici significativi) e post puberi (hanno completato la pubertà, con un sistema muscolo-scheletrico più maturo e stabilizzato).

Ventisei studi hanno riguardato solo maschi, sei solo donne, otto entrambi i sessi.

Il livello di attività andava da soggetti sedentari, atleti amatoriali ad atleti professionisti.

Dei 23 studi inclusi, tre hanno valutato la Kvert, quattordici la Kleg e tre la Kjoint. Solo tre studi hanno quantificato più di una misura della rigidità meccanica, riportando sia la Kvert che la Kleg. Nessuno studio ha quantificato tutte e tre le misure.

Sono state implementate varie modalità di allenamento, tra cui la pliometria, allenamenti di salto (categoria di esercizi che coinvolgono movimenti di salto, come salti verticali, orizzontali, con la corda, salti ripetuti ad intervalli), sprint (in avanti, indietro e contro resistenza), allenamenti con sovraccarichi e di potenza (combina esercizi di forza con movimenti esplosivi), ciclismo eccentrico (il soggetto resiste al movimento indotto dal cicloergometro) e concentrico e allenamento della flessibilità.

Sono state condotte due metanalisi distinte: pre-post meta-analysis, che ha confrontato i dati prima e dopo l’intervento nello stesso gruppo; control-intervention meta-analysis, che ha confrontato il gruppo che ha ricevuto l’intervento con un gruppo di controllo.

Per la kver, sono stati implementati l’allenamento pliometrico, di salto e traino della slitta con resistenza. La meta analisi ha mostrato un effetto positivo ma non significativo dell’allenamento pliometrico e di salto (SMD = 0.28; p = 0.118). L’allenamento con slitta resistita ha mostrato un effetto negativo non significativo (SMD = −0.31; p = 0.29). Gli effetti erano più evidenti in soggetti post-puberi rispetto ai prepuberi. L’efficacia dell’allenamento sulla Kvert dipende dall’età, dal tipo di esercizio e dal sesso. Gli esercizi pliometrici migliorano la stiffness verticale se eseguiti per almeno 6–8 settimane. L’allenamento resistito (es. sprint con slitta) risulta non efficace per aumentare Kvert, probabilmente perché favorisce forze orizzontali piuttosto che verticali.

Per la kleg, sono stati implementati l’allenamento pliometrico, allenamento di salto, ciclismo eccentrico/concentrico, allenamento di endurance e traino di slitte con resistenza. Nella pre-post meta-analysis si è riscontrato un effetto piccolo ma significativo dell’allenamento pliometrico e di salto. Nella control-intervention meta-analysis, un effetto significativo dell’allenamento pliometrico (SMD = 0.38) e un grande effetto per l’allenamento di sprint e di traino con slitta (SMD = 0.80). Gli effetti erano più marcati nei soggetti post-puberi rispetto ai prepuberi. I programmi di allenamento che includono salti, esercizi pliometrici e sprint resistiti sono efficaci per aumentare Kleg.

Infine, per la Kjoint, sono stati implementati l’allenamento pliometrico e contro resistenza. Nessuna metanalisi è stata condotta per mancanza di studi. Entrambe le modalità sembrano efficaci, soprattutto in soggetti maschi adulti o post-puberi. L’effetto negativo osservato nelle ragazze prepuberi suggerisce che l’età e la maturazione influenzano fortemente la risposta. Gli autori raccomandano di combinare entrambi i metodi (allenamento contro resistenza, per aumentare la stiffness tendinea; allenamento pliometrico, per adattamenti neuromuscolari) per massimizzare l’effetto sulla Kjoint.

In conclusione, l’allenamento pliometrico e di salto migliorano significativamente la stiffness meccanica, soprattutto la Kleg e la Kjoint. Gli effetti sulla Kvert sono positivi ma meno consistenti, probabilmente per la natura del movimento verticale e la sensibilità alle forze orizzontali. La durata dell’intervento è cruciale: programmi di almeno 6–8 settimane sono più efficaci.

La combinazione di pliometria con esercizi di equilibrio o forza produce effetti superiori rispetto alla pliometria da sola. I soggetti prepuberi rispondono meno agli interventi, mentre gli adolescenti post puberi mostrano miglioramenti significativi.

Le donne sono sottorappresentate negli studi (solo 6 interventi su 23), e i risultati sono meno chiari.

Alcuni studi mostrano effetti negativi sulla Kjoint nelle ragazze prepuberi, suggerendo che la maturazione biologica risulta essere un fattore determinante.