Benessere e stress: come le esperienze di vita riscrivono la bioenergia del cervello

Benessere e stress: come le esperienze di vita riscrivono la bioenergia del cervello

Le esperienze psicosociali influenzano la salute del cervello e i percorsi di invecchiamento, ma le vie molecolari alla base di queste associazioni restano poco chiare.

Il normale funzionamento del cervello si basa sulla trasformazione dell’energia mediante la fosforilazione ossidativa nei mitocondri (OxPhos).

I mitocondri nel cervello non solo subiscono gli effetti delle esperienze psicosociali (sono “bersagli”), ma possono anche influenzarle attivamente (sono “motori”).

Stress cronico, depressione, isolamento sociale e altri stati negativi sono associati ad alterazioni nella biologia mitocondriale, come ridotta abbondanza di proteine della OxPhos, disfunzioni nel Complesso I (principale punto di ingresso degli elettroni nella catena di trasporto elettronico), e cambiamenti nella dinamica mitocondriale.

Le esperienze psicosociali negative sono correlate ad una minore capacità bioenergetica cerebrale e, a sua volta, variazioni funzionali nella capacità mitocondriale (soprattutto nelle vie della OxPhos) possono influenzare il comportamento sociale, la reattività allo stress e l’umore.

In modelli animali e studi precedenti, alterazioni mitocondriali hanno mostrato effetti diretti su circuiti neurali coinvolti nella regolazione emotiva.

Ma l’esposizione psicosociale e le esperienze soggettive sono collegate alla biologia mitocondriale nel cervello umano?

Gli studi sull’uomo esistenti, che documentano una connessione tra esperienze psicosociali quotidiane e mitocondri, sono stati condotti principalmente su cellule immunitarie periferiche, in particolare nei leucociti.

Mentre questi studi hanno identificato la biologia mitocondriale come un potenziale percorso psicobiologico (cioè come meccanismo cellulare attraverso cui le esperienze mentali e sociali possono influenzare la salute fisica e mentale), i risultati nei leucociti sono limitati dall’elevata variazione interindividuale nella quantità dei tipi cellulari, dal loro rapido ricambio cellulare e dai processi immunitari dinamici che ne influenzano la biologia mitocondriale (le cellule immunitarie cambiano rapidamente in risposta a infezioni, stress, infiammazione…, che possono alterare aspetti della funzione mitocondriale, come la produzione di energia, la biogenesi, o lo stress ossidativo).

In altre parole, le cellule immunitarie sono un ambiente troppo instabile per valutare in modo affidabile la “salute mitocondriale” sistemica o cerebrale.

Al contrario, il cervello contiene neuroni e cellule gliali che esistono in proporzioni relativamente stabili (rispetto alle cellule immunitarie) per tutto il corso della vita.

Inoltre, i mitocondri nel cervello svolgono funzioni critiche e specializzate, come la regolazione dell’eccitabilità neuronale, la trasmissione sinaptica e la risposta allo stress. Le cellule gliali possono contribuire alla percezione cerebrale dei segnali metabolici e ormonali periferici ed essere preferenzialmente sensibili al metabolismo energetico sistemico. Per ragioni che possono essere correlate all’ossidazione preferenziale del glucosio e ai requisiti metabolici unici del complesso I della OxPhos nel tessuto cerebrale, nelle malattie genetiche umane e nei modelli animali, il cervello è particolarmente vulnerabile ai difetti di questo complesso.

Anche i tassi di sviluppo neuronale e le traiettorie dell’invecchiamento cellulare sono sotto la regolazione mitocondriale, aprendo la possibilità che le alterazioni mitocondriali possano influenzare l’invecchiamento cerebrale e il rischio di malattie neurodegenerative. Questo punto è supportato da alterazioni ben documentate della biologia dei mitocondri, in particolare nella OxPhos e DNA mitocondriale, nel cervello di individui con malattia di Alzheimer.

Poiché il cervello è il principale organo che elabora gli stimoli psicosociali (come stress, relazioni sociali, benessere, isolamento), e il generatore delle esperienze affettive (emozioni, umore, motivazione), risulta essere il tessuto biologico più rilevante per studiare come i mitocondri siano coinvolti nei meccanismi psicobiologici, cioè nel modo in cui le esperienze mentali influenzano la biologia cellulare.

Nello studio di Trumpff et al. (Proc Natl Acad Sci U S A. 2024 Jul 2;121(27): e2317673121. doi: 10.1073/pnas.2317673121), gli autori hanno voluto analizzare in che modo le esperienze psicosociali vissute dalle persone, sia positive che negative, siano associate alla biologia mitocondriale del cervello umano, misurata dopo la morte.

Gli autori hanno integrato due tipi di dati:

  • valutazioni longitudinali ante-mortem: raccolte durante la vita di centinaia di soggetti anziani, riguardanti esperienze psicosociali positive (es. benessere, relazioni sociali, senso di scopo) e negative (es. depressione, isolamento, eventi avversi)
  • analisi proteomica post-mortem: condotta sulla corteccia prefrontale dorsolaterale, una regione cerebrale coinvolta nella regolazione emotiva e cognitiva

Il risultato principale è stato che un maggiore benessere è associato ad una maggiore abbondanza delle proteine mitocondriali coinvolte nella OxPhos.

Maggiore umore negativo è associato a minore abbondanza delle stesse proteine. In particolare, le esperienze psicosociali spiegano tra il 18% e il 25% della variabilità nell’abbondanza delle proteine del Complesso I, che è il primo e più vulnerabile punto di ingresso nella catena respiratoria mitocondriale.

Gli autori riconoscono che, pur avendo trovato associazioni significative tra esperienze psicosociali e biologia mitocondriale nel cervello umano, non è possibile stabilire con certezza la direzione causale di questi effetti.

In altre parole: le esperienze psicosociali influenzano la biologia mitocondriale cerebrale? Oppure è la biologia mitocondriale che condiziona il modo in cui le persone vivono e percepiscono le loro esperienze? O ancora, esiste un’interazione bidirezionale tra i due fattori? Si presentano quindi quattro scenari plausibili:

  1. psicosociale → mitocondri: esperienze come stress, benessere o isolamento sociale modificano l’attività mitocondriale nel cervello
  2. mitocondri → psicosociale: variazioni nella funzione mitocondriale influenzano l’umore, la reattività allo stress e il comportamento sociale
  3. interazione bidirezionale: i due sistemi si influenzano reciprocamente nel tempo
  4. fattori terzi: variabili esterne (come tossine ambientali o predisposizioni genetiche) potrebbero influenzare sia le esperienze psicosociali sia la biologia mitocondriale, senza un rapporto diretto tra i due

Lo studio ha analizzato dati longitudinali sulle esperienze psicosociali e ha confrontato questi dati con misurazioni post-mortem della biologia mitocondriale cerebrale. Tuttavia, poiché le misurazioni biologiche sono state effettuate solo dopo la morte, non è possibile osservare direttamente come i cambiamenti si siano evoluti nel tempo. Questo limita la capacità di trarre conclusioni causali.

Nonostante questa limitazione, lo studio fornisce prove solide di un legame tra mente e mitocondri, in particolare nel Complesso I della fosforilazione ossidativa.

Gli autori suggeriscono che future ricerche, magari con misurazioni in vivo o studi sperimentali, potrebbero aiutare a chiarire la direzione degli effetti.