COT: la linea sottile tra resistere e cedere

COT: la linea sottile tra resistere e cedere

La relazione inversa tra durata dell’esercizio e intensità di lavoro segue un andamento iperbolico in vari tipi di contrazione/muscoli e modalità di esercizio. L’asintoto di questa relazione, noto come “intensità critica”, rappresenta la massima intensità in cui le risposte fisiologiche si stabilizzano.

Mentre l’esercizio contro resistenza segue una relazione iperbolica simile tra ripetizioni completate o capacità di lavoro (definita come la somma del lavoro concentrico completato durante una sessione di esercizio) e carico, alcuni aspetti fisiologici che influiscono sulle prestazioni possono differire dall’esercizio di endurance.

Nello specifico, le forze più elevate generate provocano pressioni intramuscolari più elevate, che possono influire sulle prestazioni e/o mediare i fattori fisiologici che contribuiscono alla capacità di esercizio a diversi carichi.

La tensione di occlusione critica (COT, Critical Occluding Tension), definita fisiologicamente come il carico esterno più basso che porta all’occlusione vascolare indotta dalla contrazione, può influenzare la capacità di lavoro durante l’esercizio contro resistenza.

L’aumento della pressione intramuscolare da carichi che superano la COT fa collassare i vasi sanguigni intramuscolari, mentre carichi al di sotto della COT possono comprimere ma non occludere questi vasi. Dato un tempo sufficiente di esercizio al di sotto della COT, il sistema cardiovascolare può superare la compressione vascolare e fornire efficacemente ossigeno ai muscoli che si stanno contraendo.

È stato riportato che la COT si verifica al 20%-60% della forza massima in una serie di esercizi/muscoli, suggerendo che questa soglia potrebbe comportarsi più come una transizione di fase ed essere unica per ogni compito motorio /muscolo.

Gli atleti di endurance (ET) dimostrano una maggiore resistenza muscolare relativa a carichi ≤ 80% 1RM (definita come il numero massimo di ripetizioni completate ad una percentuale del 1 RM) rispetto a soggetti non allenati (UT) o allenati con esercizi contro resistenza (RT).

Questo vantaggio può derivare da una forza massima inferiore che porta a forze e carichi assoluti inferiori alla stessa percentuale relativa del 1RM e, in definitiva, ad una minore compressione vascolare. Gli adattamenti dell’allenamento di endurance, come l’aumento della densità capillare, della proporzione di fibre di tipo I e del contenuto proteico della fosforilazione ossidativa mitocondriale, sono positivamente correlati alle prestazioni endurance e possono migliorare le prestazioni a carichi che consentono la perfusione, come quelli al di sotto della COT.

Non è chiaro se il vantaggio di un allenamento di endurance nella resistenza muscolare relativa persista al di sopra della COT, così come se questo vantaggio rimane quando il carico è incluso nella valutazione (resistenza assoluta), cioè questo vantaggio si mantiene anche se invece di guardare alla percentuale del massimale, consideriamo il carico assoluto sollevato? Quindi, se includiamo la quantità effettiva di massa nell’analisi (in kg), i ET sono comunque superiori in termini di resistenza assoluta?

Nello studio di Fliss et al. (Scand J Med Sci Sports. 2025 Jun;35(6): e70082. doi: 10.1111/sms.70082), gli autori hanno valutato l’impatto del carico esterno sulla resistenza muscolare relativa, sulla capacità di lavoro e sull’ossigenazione muscolare durante prove con libera circolazione e occlusione vascolare, ottenuta tramite manicotto, per stimare il carico a cui un muscolo si occlude.

Sono stati selezionati diciannove soggetti (10 UT, 9 ET,10 RT; 14 femmine, 15 maschi) tra i 19 e i 35 anni.

Per stimare la COT è stata utilizzata la tecnica della spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS), che quantifica l’ossigenazione muscolare (SmO2) valutando il rapporto tra emoglobina ossigenata e deossigenata e mioglobina.

La SmO2 riflette l’equilibrio tra il consumo di ossigeno muscolare (mV̇O2) e il suo trasporto (mQ̇O2), con un mV̇O2 elevato da fattori quali l’aumento dell’intensità di contrazione e una sua riduzione da fattori quali la compressione vascolare indotta dalla contrazione o dai manicotti utilizzati durante un allenamento BFR (blood flow restriction).

Si ipotizza che carichi superiori alla COT, così come tutti i carichi in cui flusso sanguigno verso il muscolo viene artificialmente occluso mediante l’uso di un manicotto gonfiabile (cuff-occluded), producano valori della SmO2 inferiori a causa dell’interruzione del mQ̇O2 e inducano uno stato in cui il mV̇O2 è maggiore del mQ̇O2.

Confrontando le risposte della SmO2 durante un esercizio al di sopra e al di sotto della COT e manipolando il mQ̇O2 attraverso il confronto tra stati di libera circolazione e di occlusione tramite manicotto, è possibile effettuare una stima non invasiva dello stato dell’ossigeno, che può aiutare nella determinazione della COT e nelle potenziali differenze di prestazione.

Per identificare la pressione di occlusione dell’arto inferiore, ai partecipanti è stato applicato un manicotto attorno all’arto sottoposto ad esercizio, posizionato il più prossimalmente possibile sulla coscia, e poi è stato chiesto loro di sdraiarsi supini su un lettino. La pressione di occlusione arteriosa (AOP; pressione necessaria per occludere il flusso arterioso) è stata stimata utilizzando una funzione preimpostata sul dispositivo utilizzato. La pressione di occlusione durante l’esercizio (EOP; pressione utilizzata durante l’esercizio) è stata impostata al 120% della AOP.

Gli autori hanno definito la transizione COT (non un punto netto) osservando due indicatori: capacità di lavoro (work capacity), quanto lavoro meccanico si riesce a svolgere prima del cedimento muscolare, quanta energia meccanica (lavoro concentrico) è stata effettivamente prodotta durante l’esercizio; SmO₂, misurata con NIRS.

Il minimo della transizione di fase COT è stato definito come appena sopra il carico più alto che mostra differenze tra le condizioni “free-flow” (libera perfusione, senza manicotto) e “cuff-occluded” (circolazione bloccata con manicotto). È il punto oltre il quale le prestazioni (work capacity) e l’ossigenazione muscolare (SmO₂) non sono più superiori senza manicotto.

Il massimo della transizione, come il carico relativo (% 1RM) più basso che non mostrava alcuna differenza nella capacità di lavoro e SmO2 tra i due stati di flusso (anche senza manicotto, la contrazione da sola occlude i vasi: il flusso è già compromesso).

Lo studio ha coinvolto sette visite con test di base effettuati durante la prima e la seconda visita, test di performance (prove effettive) durante la terza fino alla sesta e una biopsia muscolare effettuata durante la settima visita. Il test di base consistevano nel valutare il 1RM e il V̇O2max su cicloergometro. Nella seconda visita è stata svolta l’ecografia del vasto laterale (VL), una prova di follow-up del test 1RM e la familiarizzazione con l’occlusione da esercizio/flusso sanguigno.

I partecipanti hanno completato 12 condizioni di carico nelle quattro visite centrali (dalla terza alla sesta), a distanza di 24 ore-1 settimana l’una dall’altra.

I carichi erano pari al 15%, 20%, 25%, 30%, 40% e 80% dell’1RM, testati in condizioni di flusso libero (senza manicotto) e con manicotto. I soggetti hanno eseguito tre serie di estensioni unilaterali del ginocchio fino all’affaticamento volontario, con 20 min di recupero tra le serie per ridurre al minimo l’affaticamento. La velocità di esecuzione della singola ripetizione era controllata tramite metronomo, per fornire un feedback uditivo e visivo; la durata della fase concentrica ed eccentrica era di 2 s. L’affaticamento volontario è stato definito come l’incapacità di completare due ripetizioni consecutive dell’arco di movimento completo (da 90° di flessione fino a 5°-0° di estensione), la mancata sincronizzazione con il metronomo per due ripetizioni consecutive o la decisione del partecipante di interrompere l’esercizio.

Sono stati eseguiti esami che hanno utilizzato gli ultrasuoni, per analizzare la sezione trasversale del muscolo vasto laterale (CSA) e la densità capillare, fornendo dati sulla composizione muscolare e sulla capacità di perfusione e analisi immunoistochimiche, per identificare la proporzione di fibre muscolari di tipo I e II, nonché la distribuzione dei capillari.

I principali risultati di questo studio, incentrato sulla COT degli estensori del ginocchio, sono triplici. In primo luogo, la COT sembra essere compreso tra il 30% e il 40% del 1RM (zona di transizione, non una soglia netta).

Al 30% del 1RM e al di sotto di tale valore, le condizioni di flusso libero hanno determinato una maggiore capacità di lavoro e SmO2 rispetto alle condizioni di occlusione, mentre al 40% del 1RM o al di sopra di tale valore, la capacità di lavoro e la SmO2 risultavano omogenee tra le due condizioni di flusso.

Questi risultati dimostrano la natura dipendente dal carico della perfusione di ossigeno muscolare.

In secondo luogo, gli ET hanno mostrato una capacità di lavoro superiore rispetto a quelli UT solo a carichi inferiori alla COT in condizioni di flusso libero, a causa di un migliore apporto e/o utilizzo di ossigeno che può essere attribuito ad una maggiore capillarizzazione del muscolo scheletrico e al contenuto mitocondriale.

Infine, i soggetti RT hanno costantemente dimostrato una maggiore capacità di lavoro rispetto a quelli UT in tutte le condizioni, oltre a superare i soggetti ET a carichi pari o superiori al 40% del 1RM.

Ciò indica che la forza massima diventa sempre più influente a carichi più elevati, mentre la capacità ossidativa è più vantaggiosa a carichi più bassi per le prestazioni di endurance muscolare.

Quindi, gli ET “resistono” meglio solo quando il carico è abbastanza leggero da permettere l’arrivo di ossigeno. Quando il carico è alto o l’occlusione è elevata, vince chi ha più forza assoluta.

Nel complesso, questi risultati sottolineano il ruolo della COT nella regolazione della capacità di lavoro attraverso le limitazioni della perfusione e illustrano i contributi differenziali di forza e utilizzo di ossigeno nella capacità di lavoro al variare dei carichi relativi.

In conclusione, i risultati indicano che un intervallo di carico > 30% ma ≤ 40% del 1RM può rappresentare una transizione di fase nella tensione occlusiva critica del quadricipite, con occlusione indotta dalla contrattilità che si verifica al di sopra di questo intervallo e perfusione che si verifica al di sotto.

L’aumento della pressione intramuscolare dovuto a carichi che superano la COT provoca il collasso dei vasi sanguigni intramuscolari, mentre carichi al di sotto possono comprimere ma non occludere questi vasi. Con una durata del tempo di esercizio sufficiente al di sotto della COT, il sistema cardiovascolare può superare la compressione vascolare e fornire efficacemente ossigeno ai muscoli che lavorano.

Il lavoro totale consente di distinguere quali adattamenti (forza o capacità ossidativa) dominano la performance: sotto la soglia COT, l’endurance prevale; sopra la COT, la forza diventa il fattore limitante.