L’esercizio di Squat ha molteplici varianti che possono modificare le richieste meccaniche dei muscoli degli arti inferiori.
Queste varianti includono, ma non sono limitate a, profondità (angoli di piegamento del ginocchio), posizionamento del bilanciere (high-bar, low-bar), carico del bilanciere, angolo di rotazione del piede e loro distanza (stance width). Tuttavia, l’influenza della distanza dei piedi sulle richieste meccaniche degli arti inferiori ha ricevuto un’attenzione limitata.
Lo Squat porta ad ipertrofia muscolare principalmente nei muscoli vasti del quadricipite femorale, nel grande gluteo e nel grande adduttore.
Poiché la maggior parte dei muscoli degli arti inferiori viene allenata con gli Squat, può essere di interesse per atleti e allenatori migliorare la comprensione meccanica di come le forze vengono distribuite durante le diverse varianti.
Un modo per stimare le richieste meccaniche su diverse articolazioni nello Squat è quello di utilizzare la dinamica inversa, per calcolare i momenti articolari netti (NJM). I NJM forniscono informazioni sull’effetto netto di tutte le strutture attive o passive che producono forza e che lavorano attorno alle articolazioni dell’anca, del ginocchio e della caviglia. Tuttavia, non forniscono una stima di come le singole forze muscolari siano distribuite tra i muscoli degli arti inferiori.
Un modo per valutare come le singole forze siano distribuite tra gli estensori dell’anca, del ginocchio e della caviglia (flessori plantari della caviglia) è quello di utilizzare modelli muscoloscheletrici che stimano l’attivazione dei singoli muscoli durante l’esercizio.
In passato alcuni studi avevano hanno confrontato le forze muscolari nello Squat con una distanza dei piedi stretta e ampia (distanza dei piedi pari a quella intertrocanterica o pari a 1,5 volte), trovando forze maggiori nel quadricipite a metà sollevamento per una posizione stretta, mentre una posizione ampia ha comportato forze maggiori nei glutei e muscoli posteriori della coscia. Tuttavia, i soggetti avevano eseguito 5 ripetizioni al 70% del 1RM, indicando che, in media, si sono allenati molto lontano dall’esaurimento. Per lo Squat, è stato osservato che una serie eseguita ad esaurimento o vicino, modifica sia la cinematica, la cinetica e l’ampiezza dei tracciati elettromiografici. Pertanto, non è certo se i risultati descritti in precedenza risultano validi anche in questa situazione.
Nello studio di Larsen et al. (J Strength Cond Res. 2025 Jan 1;39(1):1-9. doi: 10.1519/JSC.0000000000004949), gli autori hanno confrontato i momenti articolari netti di picco e le forze muscolari degli arti inferiori tra distanze di appoggio dei piedi ampia e stretta, durante la fase concentrica dell’ultima ripetizione di 3RM nell’esercizio di Squat.
Sono stati selezionati dodici soggetti maschi allenati a livello amatoriale (età: 25,3±2,9 anni, altezza: 179±7,7 cm, massa corporea: 82,8±6,9 kg), in grado di eseguire lo Squat con un carico pari a 1,5 volte la propria massa corporea.
La distanza dei piedi è stata standardizzata a 1,7 e 0,7 volte la larghezza della distanza biacromionale per le posizioni ampia e stretta, rispettivamente. Per garantire una distanza e angoli di rotazione del piede coerenti durante tutte le sessioni, è stato fissato un nastro sulle pedane di forza. Il nastro è stato posizionato per allinearsi con il primo metatarso e la parte mediale del calcagno. Il posizionamento del bilanciere era basso, perché è stato precedentemente dimostrato che una distanza dei piedi larga con un posizionamento alto del bilanciere determina una massa sollevata inferiore rispetto ad un bilanciere posizionato basso, sia per la appoggio dei piedi stretto che ampio.
Ventisette marcatori sono stati applicati a diversi punti di riferimento anatomici sui corpi dei soggetti. Per tracciare i marcatori e le forze di reazione al suolo, è stato usato un sistema di motion capture tridimensionale composto da otto telecamere con una frequenza di campionamento di 500 Hz e due pedane di forza. I dati sono stati utilizzati come input per un modello muscoloscheletrico costituito da 37 gradi di libertà e 80 unità muscolo-tendinee di tipo Hill appositamente progettate per esercizi di Squat. Gli angoli articolari riportati erano il picco di flessione l’abduzione dell’anca, la flessione del ginocchio e l’angolo di dorsi flessione della caviglia.
È stata utilizzata la dinamica inversa per stimare il NJM interno di ciascun soggetto. Gli NJM sono stati normalizzati alla massa corporea specifica del soggetto (Nm·kg−1) ottenuta durante la sessione di test. Tutti gli NJM e le forze muscolari sono stati sommati per i segmenti destro e sinistro.
I principali risultati sono stati che la posizione larga (1,7 volte quella biacromiale), ha determinato angoli di flessione del ginocchio (d di Cohen: 0,9; intervallo di confidenza [CI] al 95%: da -17,96 a -3,18°), NJM di estensione del ginocchio [d: 1,45; CI al 95%: da -1,56 a -0,61 Nm·kg−1] e forze dei muscoli vasti [d: 1,3; CI al 95%: da -27,7 a -0,9,5 N·kg−1] statisticamente più piccoli rispetto alla posizione stretta.
Inoltre, si sono osservato angoli di abduzione dell’anca significativamente più grandi [d: 3,8; CI al 95%: da 12,04 a 16,86°] durante quest’ultima.
In conclusione, eseguire l’esercizio di Squat con una posizione stretta dei piedi quando il posizionamento del bilanciere è standardizzato e il carico rimane costante in tutte le condizioni, determina una maggiore flessione e picchi dei NJM del ginocchio e forze muscolari dei vasti rispetto ad una posizione ampia.
Sulla base di queste scoperte, l’adozione di una posizione stretta potrebbe essere utile per allenare gli estensori del ginocchio, in quanto forze più grandi potrebbero tradursi in una maggiore tensione meccanica, aumentando potenzialmente l’ipertrofia di questi muscoli.