La scienza della selezione degli esercizi: più forza meno illusioni

La scienza della selezione degli esercizi: più forza meno illusioni

La selezione degli esercizi è una componente fondamentale della programmazione dell’allenamento contro resistenza con l’obiettivo di migliorare le prestazioni sportive, ridurre il rischio di infortuni e promuovere la riabilitazione delle patologie muscoloscheletriche.

Uno dei motivi più frequenti per cui si sceglie un esercizio è la volontà di stimolare in modo mirato un muscolo o un gruppo muscolare specifico. Dato che la scelta degli esercizi può influenzare notevolmente l’efficacia di un programma di allenamento, è fondamentale che questa scelta si basi su dati scientifici solidi, non solo su tradizione, esperienza personale o percezioni soggettive.

L’elettromiografia di superficie (sEMG) è uno strumento di misurazione ampiamente utilizzato per determinare l’efficacia di un esercizio nell’allenare uno o più muscoli specifici. La sEMG misura le variazioni di polarità delle unità motorie attive all’interno del volume di rilevamento degli elettrodi, cioè il volume di tessuto muscolare dal quale gli elettrodi riescono a “captare” l’attività elettrica delle unità motorie attive, riflettendo l’effetto combinato di reclutamento (ordinato) e frequenza di scarica.

Una volta normalizzati i dati grezzi rispetto ad un segnale di riferimento (contrazione isometrica massimale), l’EMG fornisce una stima dell’attivazione volontaria.

L’elevata tensione meccanica sulle fibre muscolari durante l’allenamento contro resistenza è un fattore critico (tra gli altri) per l’adattamento muscolare.

La tensione all’interno delle fibre muscolari viene rilevata da strutture meccano sensoriali, che promuovono una cascata di eventi biochimici per promuovere la sintesi proteica muscolare e causare ipertrofia muscolare. Pertanto, risulta fondamentale comprendere come la selezione degli esercizi influenzi la tensione meccanica muscolare.

L’EMG di superficie è spesso interpretata come proporzionale alla forza muscolare, un’errata convinzione di lunga data nella ricerca e nella pratica clinica.

La relazione EMG-forza è approssimativamente lineare durante contrazioni isometriche a lunghezze muscolari comprese nella curva forza-lunghezza attiva. Tuttavia, molti fattori influenzano la grandezza della forza muscolare. Ad esempio, la lunghezza attuale della fibra muscolare determina la quantità di sovrapposizione di actina e miosina, il numero di ponti trasversali e, di conseguenza, la generazione di forza (ovvero, la relazione forza-lunghezza).

Durante le contrazioni dinamiche, velocità di accorciamento più lente aumentano il tempo necessario ai ponti trasversali per formarsi ed esercitare forza, mentre velocità di allungamento più rapide aumentano la resistenza passiva e la forza (ovvero, la relazione forza-velocità). Inoltre, il tessuto connettivo muscolare e i tendini generano forze passive quando allungati che contribuiscono alla generazione della forza muscolare.

La modellazione neuro muscoloscheletrica fornisce un modello per indagare la relazione tra EMG e forze muscolari stimate durante l’allenamento contro resistenza. Si tratta di un approccio computazionale che integra il controllo neurale (ad esempio, comandi motori dal cervello), attivazione muscolare (misurata tramite EMG) e meccanica scheletrica (angoli, forze e movimento delle articolazioni). Questo modello simula il modo in cui i muscoli generano forza e movimento in base all’attività elettrica e ai vincoli anatomici.

L’anatomia di un soggetto (ad esempio, centri articolari e dimensioni dei segmenti), la neurofisiologia (ad esempio, strategie di attivazione muscolare) e la biomeccanica (ad esempio, cinematica e cinetica) vengono utilizzate come input per stimare le forze muscolari degli arti inferiori fisiologicamente plausibili.

Utilizzando la modellazione neuro muscoloscheletrica, è possibile analizzare e confrontare una gamma di esercizi utilizzando lo stesso modello biomeccanico per ciascun individuo (ovvero, un modello del sistema muscoloscheletrico), esplorando al contempo la relazione tra input e output del modello, come l’ampiezza dell’EMG e le forze muscolari.

Molto spesso in letteratura si trovano delle classifiche che evidenzia quale esercizio risulterebbe essere più efficace in base all’ampiezza del segnale EMG: più alto è il segnale, più “efficace” si presume sia l’esercizio per attivare un muscolo.

Questo approccio è molto comune nella riabilitazione e nella prevenzione degli infortuni, soprattutto per i muscoli glutei.

Utilizzando modelli neuro muscoloscheletrici, si può stimare la forza effettiva generata dai muscoli durante gli esercizi. Questo approccio considera fattori biomeccanici come lunghezza muscolare, velocità di contrazione e tensione meccanica, che sono più direttamente collegati all’adattamento muscolare (es. ipertrofia, forza).

Nello studio di Collings et al. (Med Sci Sports Exerc. 2025 Sep 1;57(9):1829-1837. doi: 10.1249/MSS.0000000000003733), gli autori hanno voluto indagare la classificazione di esercizi focalizzati sull’articolazione che coinvolgono l’articolazione dell’anca (gluteo massimo e medio) in base all’entità dell’EMG di superficie rispetto alle forze muscolari stimate con modelli neuro muscolari.

I soggetti selezionati erano 14 calciatrici (mediana [intervallo interquartile]: età = 24,1 [6,5] anni, peso = 62,6 [9,3] kg, altezza = 169 [8] cm).

Gli otto esercizi considerati erano single-leg squat, split squat, single-leg Romanian deadlift (RDL), single-leg hip thrust, banded side-step, hip hike, side-lying leg raise, e side plank.

Tutti gli esercizi sono stati eseguiti solo utilizzando il proprio peso corporeo (tranne i banded side-step eseguiti con fascia elastica) e con un carico che consentiva 12 RM per standardizzare l’intensità. I carichi sono stati determinati per ciascun partecipante durante una sessione separata di test di forza e familiarizzazione con l’esercizio, circa sette giorni prima del test. Il carico per 12RM è stato determinato utilizzando un protocollo di rampa incrementale. Per l’esercizio banded side-step sono state utilizzate tre bande elastiche di diversa rigidità.

I risultati hanno evidenziato che le classifiche degli esercizi basate sull’EMG differiscono significativamente da quelle basate sulla forza muscolare. Ad esempio, un esercizio con alto EMG può generare meno forza muscolare rispetto a uno con EMG più basso, a causa dei fattori biomeccanici.

La correlazione tra i due metodi era debole (Spearman’s ρ tra 0.29 e 0.51), il che significa che scegliere esercizi solo in base all’EMG può portare a decisioni subottimali.

La EMG da solo spiega solo il 5% della forza del gluteo massimo e il 19% della forza del gluteo medio. Questo significa che un esercizio con alto EMG non garantisce una forza muscolare elevata.

Questi numeri indicano che oltre l’80% della variazione nella forza muscolare non è spiegata dall’EMG.

Gli esercizi scelti solo in base all’EMG potrebbero non essere i più efficaci per generare forza o tensione meccanica. Esempio emblematico: per il gluteo massimo l’hip hike e lo split squat mostrano un EMG simile (circa il 30% della MVIC), ma il secondo genera più del doppio della forza muscolare (252 N per l’hip hike e 569 N per lo split squat).

Perché si trova questa differenza? Nello split squat, il gluteo lavora a lunghezze muscolari maggiori, sfruttando la tensione passiva dei tessuti elastici. La dinamica del movimento comporta variazioni di velocità che favoriscono la produzione di forza. L’hip hike è quasi isometrico, con minore allungamento e quindi meno contributo passivo.

Dopo aver usato un modello statistico a effetti misti che tiene conto del tipo di esercizio  (ogni esercizio ha caratteristiche biomeccaniche diverse come angoli articolari, velocità di contrazione, lunghezza delle fibre) che influenzano la forza prodotta a parità di attivazione e le caratteristiche di ogni soggetto (ogni persona ha differenze fisiologiche e tecniche, attivazione volontaria massima, posizionamento elettrodi, impedenza della pelle, normalizzazione EMG, che alterano il rapporto EMG–forza), la varianza spiegata dall’EMG nella forza muscolare stimata è salita a 80% per il gluteo massimo e 85% per il gluteo medio.

In conclusione, classificare gli esercizi per glutei in base all’ampiezza del segnale EMG porta ad un ordine diverso rispetto a quello ottenuto usando la forza muscolare stimata tramite modellazione neuro muscoloscheletrica.

Questo significa che un esercizio “top” secondo l’EMG non è necessariamente quello che genera più forza (e quindi più tensione meccanica). L’ampiezza dell’EMG di superficie, presa isolatamente, non predice bene la forza del gluteo massimo e medio durante gli esercizi. La relazione migliora molto solo quando si tengono in conto variazioni dovute al tipo di esercizio e alle caratteristiche individuali del partecipante.

Scegliere esercizi per i glutei solo in base all’EMG può non garantire maggiore forza o tensione meccanica. Usare quindi l’EMG solo per confronti all’interno dello stesso soggetto e tra esercizi biomeccanicamente simili.