Il tessuto adiposo, il più grande tessuto endocrino del corpo, svolge un ruolo significativo nella regolazione dell’appetito secernendo numerose adipochine correlate all’obesità, come leptina, adiponectina e resistina.
Nel 2016, è stata scoperta un’adipochina di 140 amminoacidi chiamata asprosina, che agisce come uno stimolatore centrale dell’appetito.
L’asprosina può infatti attraversare la barriera emato-encefalica e influenzare il sistema nervoso centrale, attivando nel nucleo arcuato dell’ipotalamo, i neuroni AgRP (Agouti-related peptide) noti per essere orexigenici, cioè capaci di stimolare la fame, e inibendo contemporaneamente quelli POMC (Pro-opiomelanocortin neurons) che sopprimono l’appetito, modulando così l’appetito stesso.
In caso di sovrappeso e obesità, i livelli di asprosina sono 2-4 volte superiori rispetto agli adulti normopeso e aumentano con la fame e bassi livelli di glicemia. Sia il diabete di tipo 2 che una regolazione del glucosio alterata sono associati ad un aumento dei livelli di asprosina, insieme ad una compromessa sensibilità all’insulina e metabolismo lipidico.
L’asprosina agisce anche sul fegato, inducendo la gluconeogenesi, promuovendo quindi il rilascio epatico di glucosio e i suoi livelli sono elevati nei disturbi metabolici (ad esempio, obesità, insulino-resistenza).
La sua riduzione potrebbe migliorare la salute metabolica contrastando l’iperglicemia e l’infiammazione. L’allenamento fisico può ridurre i livelli di asprosina: (1) riducendo il grasso viscerale (la sua principale fonte), (2) inducendo miochine antinfiammatorie (IL-6/IL-10) che ne sopprimono l’espressione e (3) migliorando la segnalazione dell’insulina per inibirne l’azione glucogenica.
Studi limitati hanno esplorato l’effetto dell’esercizio in cronico negli esseri umani sui livelli di asprosina.
Nello studio (revisione sistematica e meta-analisi) di Rahimi et al. (Physiol Rep. 2025 Jun;13(12): e70392. doi: 10.14814/phy2.70392), gli autori hanno valutato l’influenza dell’allenamento fisico sulle concentrazioni circolanti di asprosina nell’uomo.
Sono stati inclusi solo studi clinici randomizzati su adulti (≥18 anni), con interventi della durata di almeno quattro settimane, e che misurassero i livelli di asprosina nel sangue. Sono stati esclusi studi su animali, revisioni, studi brevi e quelli con interventi multifattoriali (es. dieta + esercizio).
Sono stati selezionati 14 studi che rispettavano i criteri richiesti e che hanno confrontato un gruppo che eseguiva un allenamento e un gruppo di controllo.
Per quanto riguarda il sesso, la metà degli studi ha valutato l’effetto nei maschi, mentre l’altra metà si è concentrata sulle femmine.
I risultati hanno mostrato una riduzione significativa dell’asprosina a seguito dell’esercizio fisico (ET), con un effetto molto marcato (Hedges’ g = −1.70, p = 0.0001).
Questa misura rappresenta una diminuzione notevole dei livelli ematici dell’ormone rispetto ai gruppi di controllo.
La riduzione è risultata significativa indipendentemente dal tipo di esercizio: aerobico: g = −1.71; HIIT: g = −1.86 e contro resistenza: g = −1.62.
Ciò suggerisce che ogni modalità di allenamento ha un effetto benefico simile.
Dall’analisi per sottogruppi è risultato che, per quanto riguarda la durata dell’intervento, sia gli allenamenti <8 settimane che quelli ≥8 settimane riducono efficacemente l’asprosina, senza differenze significative tra i due.
Per il sesso, l’effetto è presente sia negli uomini che nelle donne, senza differenze.
Per il BMI, è emersa una differenza significativa tra soggetti in sovrappeso (BMI 25–29.9) e obesi (BMI 30–35); entrambi i gruppi hanno mostrato riduzioni dell’asprosina, ma con variazioni nell’intensità della risposta.
Infine, per lo stato di salute la riduzione è stata più marcata nei soggetti sani (g = −3.16), ma significativa anche in quelli con sovrappeso/obesità e diabete.
In conclusione, l’esercizio riduce i livelli di asprosina, indipendentemente dal sesso, dal tipo o dalla durata dell’allenamento.
L’effetto è evidente anche con quattro settimane di ET, suggerendo che l’adattamento ormonale può avvenire in tempi relativamente brevi.
I meccanismi proposti dagli autori: sono: la riduzione dell’asprosina sarebbe legata soprattutto alla diminuzione della massa grassa, sua principale fonte di secrezione. Ma gli autori ipotizzano anche un ruolo dell’ET nel migliorare la segnalazione insulinica, ridurre l’infiammazione sistemica, una modulazione delle vie intracellulari (come la cAMP-PKA) e, infine, un’induzione di miochine antinfiammatorie (es. IL-6, IL-10).
Anche se l’effetto si osserva sia nei soggetti sovrappeso che obesi, l’entità della riduzione è leggermente più pronunciata nei soggetti in sovrappeso. L’effetto è significativo anche nei soggetti diabetici, suggerendo possibili benefici clinici per disturbi metabolici complessi.
Gli autori concludono che l’esercizio fisico rappresenta quindi un intervento non farmacologico potente e clinicamente rilevante per modulare il livelli di asprosina, con potenziali benefici in ambito preventivo e terapeutico nelle malattie metaboliche, contrastare l’insulino-resistenza e ridurre l’infiammazione di basso grado.