Gli infortuni ai muscoli posteriori della coscia sono prevalenti negli sport in cui la corsa ad alta velocità è un elemento centrale e ricorrente, contribuendo a circa il 10% di tutti gli infortuni negli sport praticati su campo aperto, dove gli atleti devono correre, accelerare, decelerare e cambiare direzione frequentemente (Rugby, Calcio…), con tassi di recidiva che vanno dal 15 al 70%.
Esiste un consenso limitato sulle loro cause o sui fattori che potrebbero mitigare il rischio di infortuni, nonostante l’elevata prevalenza.
Infatti, la prevalenza delle lesioni ha mostrato cambiamenti minimi, nonostante decenni di ricerca e implementazione di strategie, come l’allenamento contro resistenza, volte a migliorare la forza dei muscoli posteriori della coscia.
Una comprensione completa delle cause è essenziale per sviluppare strategie di prevenzione efficaci.
Programmi di allenamento eccentrico che aumentano la forza dei flessori del ginocchio riducono efficacemente il rischio di lesioni da stiramento, soprattutto quando l’aderenza al programma è elevata. Sebbene l’allenamento eccentrico appaia efficace nel ridurre il rischio di lesioni, i meccanismi protettivi rimangono poco chiari, poiché le attuali strategie di prevenzione si basano in gran parte su studi condotti su animali decenni fa.
Pertanto, è necessario riesaminare queste teorie alla luce delle nuove prove e dei recenti progressi tecnologici.
Nello studio di Andrews et al. (Sports Med. 2025 Oct;55(10):2429-2443. doi: 10.1007/s40279-025-02291-6), gli autori hanno svolto una revisione narrativa (forma di sintesi scientifica che non segue protocolli sistematici rigidi, ma mira a integrare, interpretare e discutere criticamente la letteratura esistente su un tema complesso e multidimensionale) con l’obiettivo di analizzare le cause degli infortuni ai muscoli posteriori della coscia, l’efficacia dell’allenamento eccentrico nel ridurre il rischio di infortuni e gli adattamenti muscolari derivanti da questo allenamento che possono offrire effetti protettivi.
Lo studio ha rilevato che oltre l’80% degli infortuni ai muscoli posteriori della coscia si verifica durante la corsa ad alta velocità, colpendo prevalentemente il capo lungo del bicipite femorale (BFlh). La corsa ad alta velocità richiede un coordinamento preciso di molteplici elementi del sistema neuro muscoloscheletrico.
Alterazioni in qualsiasi punto di questo coordinamento possono portare ad infortuni.
Le prove indicano che gli infortuni si verificano in genere durante due fasi distinte della corsa:
- contrasto a forze esterne elevate (stress meccanico) durante la fase di appoggio iniziale
- allungamento attivo nella fase finale di oscillazione dell’arto inferiore
Durante l’appoggio iniziale, il sistema neurale attiva i muscoli posteriori della coscia prima del contatto del piede per generare i momenti di estensione dell’anca e di flessione del ginocchio, necessari per produrre le forze di reazione al suolo per decelerare la gamba. Le forze elevate e, quindi, gli stress elevati (ovvero forza per unità di area trasversale) possono esporre i muscoli a lesioni. Un altro potenziale fattore è un eccessivo tilt pelvico anteriore, che può aumentare lo sforzo dei muscoli posteriori della coscia amplificando sia l’allungamento attivo che le richieste di tensione passiva durante la fase di appoggio, sebbene le prove a supporto rimangano limitate. Tuttavia, nonostante i carichi sostanziali, i muscoli posteriori non sembrano subire contrazioni in allungamento durante questa fase. Inoltre, le lunghezze muscolari sono ben al di sotto del loro normale intervallo operativo, il che suggerisce che sia improbabile che le fibre muscolari vengano allungate considerevolmente. Tuttavia, è possibile che una generazione di forza errata o un’attivazione ritardata possano causare un allungamento inaspettato dei muscoli e aumentare il rischio di lesioni.
Nella fase finale di oscillazione, l’articolazione dell’anca raggiunge la massima flessione, la gamba accelera in avanti e, di conseguenza, i muscoli posteriori (soprattutto il capo lungo del bicipite femorale, BFlh) devono:
- decelerare attivamente la gamba
- generare momenti articolari di estensione dell’anca e flessione del ginocchio
- operare in contrazione eccentrica a lunghezze muscolari elevate (il BFlh può raggiungere il 112% della lunghezza a riposo, il 2–3% maggiore rispetto al muscolo semitendinoso e semimembranoso). La massima attivazione neurale coincide con questa lunghezza, quindi il muscolo è attivamente contratto mentre è allungato, generando una contrazione eccentrica ad alta tensione. Questo scenario biomeccanico è il più pericoloso per il rischio di lesione muscolare
Quali sono le variabili biomeccaniche, neuromuscolari e morfologiche che aumentano la probabilità di subire una lesione, in particolare durante la corsa ad alta velocità?
Lo studio identifica due fattori principali:
forza eccentrica insufficiente
- una forza eccentrica bassa compromette la capacità del muscolo di resistere allo stiramento attivo durante la fase terminale dell’oscillazione
- studi hanno mostrato che atleti con forza eccentrica <279 N (football australiano) o <337 N (calcio) hanno un rischio 4 volte maggiore di infortunio
- ogni incremento di 10 N nella forza eccentrica è associato ad una riduzione del rischio del 9%
lunghezza fascicolare ridotta
- la lunghezza dei fascicoli muscolari (in particolare del bicipite femorale lungo) è correlata alla tolleranza allo stiramento
- atleti con fascicoli <10,56 cm hanno un rischio 4,1 volte maggiore di lesione
- l’allenamento eccentrico (es. Nordic Hamstring Exercise) può aumentare la lunghezza fascicolare, riducendo il rischio del 21% per ogni 0,5 cm di incremento. Gli atleti con una storia di lesioni hanno in genere lunghezze dei fascicoli a riposo più corte, il che sposta la lunghezza ottimale (relativa alla relazione forza-lunghezza) verso lunghezze più corte; in altre parole, se il fascio muscolare è più corto, il muscolo raggiunge la sua massima capacità di generare forza a lunghezze inferiori. Questo effetto è teoricamente attribuito alla sarcomerogenesi (aggiunta di sarcomeri in serie), anche se i dati diretti sull’uomo sono ancora limitati
L’allenamento eccentrico è efficace nel prevenire gli infortuni ai muscoli posteriori della coscia?
L’allenamento eccentrico può ridurre il rischio di infortuni, andando ad agire su tre domini di adattamento legati alla prevenzione dell’infortunio: tessuto muscolare, tessuti non contrattili e sistema nervoso.
Questi adattamenti:
- aumentano la tolleranza allo stiramento attivo durante la fase terminale di oscillazione nella corsa
- distribuiscono meglio lo stress tra fibre e regioni muscolari
- migliorano la capacità di generare forza in condizioni di allungamento,
Sebbene vi siano solide prove per gli adattamenti legati agli elementi contrattili, come l’allungamento e l’ipertrofia dei fasci muscolari, si sa meno sugli adattamenti per quelli non contrattili e neurali nell’uomo. Si ipotizzano modifiche degli elementi non contrattili, come l’aumento della rigidità della titina, il rimodellamento della matrice extracellulare e una maggiore compliance tendinea, ma sono necessarie ulteriori indagini.
Anche gli adattamenti neurali, tra cui l’aumento del reclutamento e della frequenza di scarica delle unità motorie e la riduzione del feedback inibitorio (consentendo ai muscoli posteriori della coscia di generare maggiore forza), potrebbero svolgere un ruolo, sebbene le prove per i muscoli posteriori della coscia siano limitate.
In conclusione, la revisione ha esaminato i complessi meccanismi alla base degli infortuni ai muscoli posteriori della coscia derivanti dalla corsa ad alta velocità, causati principalmente da sforzi eccessivi e da un’elevata attivazione muscolare durante la corsa. Il muscolo BFlh è particolarmente vulnerabile a causa della sua massima attivazione e allungamento durante la fase finale di oscillazione della corsa.
Fattori come la breve lunghezza dei fascicoli a riposo e la bassa forza eccentrica riducono ulteriormente la capacità dei muscoli posteriori di resistere al sovra allungamento; tuttavia, il loro comportamento durante l’esercizio rimane poco compreso.
Sebbene le strategie di prevenzione degli infortuni mirate all’aumento della lunghezza dei fascicoli muscolari e della forza eccentrica siano promettenti, i meccanismi sottostanti rimangono poco chiari.
La ricerca esistente si concentra prevalentemente sulla lunghezza passiva dei fascicoli muscolari piuttosto che sulla lunghezza operativa durante le contrazioni. Oltre agli adattamenti del tessuto contrattile, come le variazioni della lunghezza dei fascicoli muscolari, la revisione suggerisce che anche gli adattamenti negli elementi non contrattili e neurali possono offrire benefici protettivi.
Esplorare queste aree meno studiate potrebbe migliorare le strategie per prevenire gli infortuni.

