Gli orologi epigenetici predicono in modo potente l’età biologica indipendentemente dall’età cronologica. Questi orologi riflettono modelli di espressione genica e proteica alterati, in particolare quelli risultanti dalla metilazione del DNA (DNAm). La DNAm che si accumula nel tempo è una testimonianza del tributo che componenti sociali, comportamentali e ambientali possono avere sull’organismo. Queste alterazioni spesso determinano processi patogeni (ad esempio, instabilità genomica, infiammazione sistemica e stress ossidativo) caratteristici dell’invecchiamento e delle malattie croniche. I cambiamenti epigenetici sono modificabili e gli sforzi per contrastare l’alterazione epigenetica negli esseri umani si sono concentrati su fattori legati allo stile di vita, tra cui la dieta, ispirando i concetti di “dieta epigenetica” e “nutriepigenetica”. Gli apporti dietetici di riferimento (DRI, Dietary Reference Intakes) sono un insieme consolidato di valori di riferimento specifici per i nutrienti, determinati da esperti, che ne guidano l’assunzione in termini di adeguatezza ed effetti tossici. Tuttavia, recenti riflessioni suggeriscono che le diete potrebbero non sempre fornire una quantità adeguata di nutrienti e altre sostanze bioattive, in particolare rispetto alle quantità necessarie per condizionare completamente l’espressione genica o contrastare le alterazioni epigenetiche per garantire un metabolismo fisiologico ottimale. I macro e i micronutrienti svolgono un ruolo fondamentale nella replicazione, nella prevenzione dei danni e nella riparazione del DNA, mentre carenze (e gli eccessi) di nutrienti possono causare danni genomici della stessa entità delle esposizioni fisiche o chimiche. Finora, l’attività nutriepigenetica ha coinvolto principalmente popolazioni bianche anziane e si è concentrato su aspetti dietetici sani. È quindi importante esaminare le associazioni tra nutrizione e invecchiamento epigenetico in campioni più diversificati e comprendere meglio quali aspetti dietetici specifici potrebbero essere alla base delle associazioni osservate. Occorre esaminare i nutrienti con azione epigenetica accertata, considerando in particolar modo gli apporti rispetto alle quantità stabilite nei DRI e alle raccomandazioni nutrizionali. Analogamente, lo zucchero è un agente pro-infiammatorio e ossidativo consolidato, coinvolto nella sviluppo del cancro e nelle malattie cardiometaboliche. Tuttavia, negli indici di qualità della dieta (algoritmi matematici utilizzati nell’epidemiologia nutrizionale, volti a quantificare il grado di adeguatezza tra gli apporti effettivi di nutrienti o gruppi alimentari all’interno di una popolazione e gli apporti di riferimento) spesso studiati nel contesto epigenetico, lo zucchero risulta poco considerato ed esaminato singolarmente. Nello studio di Chiu et al. (JAMA Netw Open. 2024 Jul 1;7(7): e2422749. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2024.22749), gli autori hanno esaminato le associazioni tra dieta e GrimAge2 (orologio epigenetico di seconda generazione) in una coorte di donne americane di colore e bianche di mezza età. Lo studio ha incluso un’analisi (dal 2021 al 2023) di soggetti che hanno partecipato al National Heart, Lung, and Blood Institute Growth and Health Study (NGHS) dal 1987-1997, che ha esaminato la salute cardiovascolare in una coorte di donne di colore e bianche di età compresa tra 9 e 19 anni. Di queste partecipanti, reclutate tra il 2015 e il 2019 dal sito californiano dell’NGHS, 342 donne (età media 39,2±1,1 anni, 50% bianche) avevano valutazioni dietetiche ed epigenetiche valide e completate e hanno formato il campione analitico di questo studio. É stata calcolata l’assunzione media dei nutrienti e di cibo per ciascuna soggetto sulla base dei risultati forniti dal Nutrition Data System for Research (NDSR, software che quantifica l’assunzione di cibo e nutrienti). Questi valori sono stati utilizzati per calcolare i punteggi di due indici nutrizionali sulla qualità della dieta complessiva (il aMED, Alternate Mediterranean Diet e l’Alternate Healthy Eating Index, AHEI–2010) e un nuovo indice (ENI, Epigenetic Nutrient Index). L’aMED riflette il grado di aderenza a nove componenti di una dieta ricca di antiossidanti e antinfiammatori. L’AHEI-2010 riflette il grado di aderenza a undici componenti dietetici associati ad un rischio ridotto di malattie croniche. L’assunzione di zuccheri aggiunti è stata calcolata come media tra i registri alimentari utilizzando i risultati del NDSR, che definisce l’assunzione di zucchero aggiunto come lo zucchero totale aggiunto agli alimenti (ad esempio, come sciroppi e zuccheri) durante la loro preparazione e lavorazione commerciale. I monosaccaridi e i disaccaridi presenti naturalmente negli alimenti non sono inclusi. I risultati hanno evidenziato che ogni aumento di un’unità nei punteggi è stato associato a cambiamenti annuali nel GrimAge2, come segue: aMED (β, −0,41; 95% CI, −0,69 a −0,13), AHEI-2010 (β, −0,05; 95% CI, −0,08 a −0,01) ed ENI (β, −0,17; 95% CI, −0,29 a −0,06), indicando che diete più sane erano associate ad un invecchiamento epigenetico decelerato. Ogni aumento di un grammo nell’assunzione di zucchero aggiunto è stato associato ad un aumento di 0,02 (95% CI, 0,01 a 0,04) nel GrimAge2, riflettendo un invecchiamento epigenetico accelerato. Eliminare 10 grammi di zucchero aggiunto ogni giorno corrispondeva a riportare indietro l’orologio biologico di 2,4 mesi, se questo comportamento era mantenuto nel tempo. I soggetti della dieta mediterranea mostravano orologi epigenetici più lenti. Quindi, quanto più zucchero aggiunto una persona consumava ogni giorno, tanto più vecchio appariva agli scienziati il suo DNA salivare, anche quando i suoi pasti erano ricchi di alimenti che mantenevano e riparavano il loro DNA. Da queste scoperte, anche in contesti dietetici sani, lo zucchero aggiunto mostra associazioni dannose con l’età epigenetica. Allo stesso modo, nonostante un maggiore apporto di zucchero aggiunto, assunzioni dietetiche più sane sembrano rimanere generalmente associate ad un’età epigenetica più giovane.