Salute mentale e attività fisica: il ruolo chiave dell’intensità dell’esercizio

Salute mentale e attività fisica: il ruolo chiave dell’intensità dell’esercizio

I benefici dell’attività fisica sulla salute mentale sono sempre più riconosciuti in un’ampia gamma di contesti sportivi, dalla partecipazione a livello amatoriale alle competizioni d’élite.

È cresciuto l’interesse per l’esercizio fisico come approccio complementare o addirittura alternativo ai trattamenti farmacologici e psicoterapeutici per l’ansia e la depressione.

Questo interesse è particolarmente rilevante per gli individui sani e fisicamente attivi, che spesso si impegnano in regolari routine di allenamento e possono essere esposti a vari fattori di stress legati allo stile di vita, come vincoli di tempo, esigenze occupazionali o aspettative personali, che possono influire sul benessere psicologico.

Questi fattori di stress possono contribuire a fluttuazioni dell’umore e dello stato affettivo, interferendo potenzialmente con la motivazione, la concentrazione e l’aderenza generale all’allenamento o a sane abitudini.

Prove empiriche hanno costantemente dimostrato che l’esercizio fisico può ridurre i sintomi di ansia e depressione.

Attività aerobiche come la corsa, il nuoto, il ciclismo e la camminata veloce, così come pratiche mente-corpo come lo yoga, sono state associate a significativi miglioramenti dell’umore e ad una riduzione dell’ansia, anche dopo una singola sessione. Questi effetti acuti sono stati osservati sia in popolazioni cliniche che non cliniche e possono durare per diverse ore dopo l’esercizio. Al contrario, attività a bassa intensità e basso impatto come Stretching, Tai Chi o Pilates hanno mostrato benefici più modesti, principalmente in termini di rilassamento e benessere percepito, in particolare se praticate regolarmente in contesti meditativi o terapeutici.

Tuttavia, queste modalità in genere non riescono a suscitare una stimolazione neuromuscolare e metabolica sufficiente ad attivare i meccanismi neurobiologici più strettamente associati alla regolazione dell’umore.

A questo proposito, l’intensità dell’esercizio fisico emerge come una variabile critica.

Forme di allenamento più impegnative sembrano esercitare maggiori effetti psicologici generando uno stress fisiologico più robusto e conseguenti risposte adattive. Tra le modalità anaerobiche ad alta intensità, l’allenamento contro resistenza (RT) ha ricevuto crescente attenzione per il suo potenziale nel ridurre i sintomi affettivi, anche dopo una singola sessione.

A differenza dell’attività aerobica, l’RT, in particolare se eseguito ad intensità da moderata ad alta, impone notevoli richieste neuromuscolari e metaboliche, che possono portare a distinti effetti psicofisiologici. Dal punto di vista fisiologico, si ritiene che i benefici acuti dell’RT sulla salute mentale siano mediati da una serie di meccanismi neuroendocrini, neurochimici e immunitari.

Questi includono la modulazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e le relative risposte legate al cortisolo, che sono in genere più pronunciate dopo un RT rispetto ad attività aerobiche di durata simile. L’RT induce anche il rilascio di monoammine correlate all’umore come serotonina, dopamina e noradrenalina, insieme all’aumento del fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), che promuove la neuroplasticità e la stabilizzazione dell’umore. Inoltre, l’RT stimola il rilascio di β-endorfine e contribuisce ad un ambiente antinfiammatorio riducendo le citochine pro-infiammatorie (ad es. IL-6, TNF-α) e migliorando i marcatori antinfiammatori come IL-10.

Mentre l’esercizio aerobico può anche suscitare alcune di queste risposte, la natura dipendente dall’intensità del RT può comportare un’attivazione maggiore o più rapida di questi processi biologici. Ciò può spiegare i maggiori effetti ansiolitici e stabilizzanti dell’umore osservati in alcuni protocolli RT rispetto alle modalità aerobiche.

Nello studio di Amore et al. (Sports 2025, 13(7), 221. Doi: 10.3390/sports13070221), gli autori hanno valutato gli effetti immediati di una singola sessione di RT su ansia e depressione in individui sani e attivi.

Sono stati selezionati cinquantasei soggetti sani e fisicamente attivi (43 maschi, 13 femmine; età media = 24,41 ± 4,41 anni), che si allenavano regolarmente, con un minimo di due sedute di allenamento a settimana.

I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: 30 sono stati assegnati al gruppo sperimentale (RT) e 26 al gruppo di controllo (C, stretching/mobilità).

Per il gruppo RT, la sessione di allenamento RT era standardizzata tra i partecipanti ed iniziava con un riscaldamento generale (10-15 min di camminata o jogging a bassa intensità sul tapis roulant), seguito da un riscaldamento specifico, costituito da una serie di esercizi progressivamente più pesanti con macchine e pesi liberi.

Gli esercizi eseguiti erano, in sequenza: squat, leg press, stiff-leg deadlift con bilanciere, bench press, incline dumbbell fly, military press e dumbbell bicipe curl. Il recupero medio tra gli esercizi era di circa 2 min e 30. Il carico era compreso tra il 70-75% del 1RM, con 3-4 serie e intervalli di recupero moderati (90-120 s), in linea con le linee guida basate sull’evidenza utilizzate in studi precedenti sugli adattamenti psicologici e fisiologici in acuto.

Ai soggetti del gruppo C è stato chiesto di seguire un protocollo di stretching e mobilità. La sessione durava 60 min e non prevedeva l’uso di resistenza esterna. Il protocollo di stretching e mobilità era standardizzato tra i partecipanti ed era preceduto da un riscaldamento generale (10-15 min di camminata o jogging a bassa intensità sul tapis roulant). La sessione di allenamento era suddivisa in tre fasi, iniziando con l’attivazione dinamica, seguita dalla mobilità articolare e concludendosi con lo stretching statico.

I partecipanti hanno completato, sia immediatamente prima che cinque minuti dopo l’attività assegnata, l’Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS, questionario composto da 14 elementi, suddivisi in due sottoscale: HADS-A (Anxiety), che valuta i sintomi di ansia; HADS-D (Depression), che valuta i sintomi depressivi. Ogni sottoscala contiene sette domande con risposte su una scala Likert da 0 a 3: maggiore è il punteggio, più intensi sono i sintomi).

I risultati hanno evidenziato che per il gruppo RT, il punteggio per l’ansia (HADS-A) si è ridotto significativamente (mediana da pre=6 a post=4), Z = −3.3, p < 0.001, effetto grande (r = −0.7). Per la depressione (HADS-D), si è ottenuta una riduzione moderata, ma significativa (mediana da 4.5 a 3.5), Z = −2.8, p = 0.005, effetto medio-grande (r = −0.6).

Per il gruppo C, nessuna riduzione statisticamente significativa, né per ansia né per depressione. Le variazioni risultavano piccole e non significative.

Nel confronto tra gruppi, per l’ansia, si è riscontrata una differenza significativa a favore del gruppo RT (p = 0.021). Per la depressione, nessuna differenza significativa tra i gruppi (p = 0.283).

Un’analisi più avanzata (Quade ANCOVA) conferma che il tipo di intervento (RT vs. controllo) è predittivo del livello finale di ansia: chi ha fatto l’allenamento RT ha avuto una riduzione maggiore dei sintomi di ansia, anche quando si sono tenuti conto i livelli iniziali.

In conclusione, una singola sessione di allenamento RT di intensità da moderata ad alta può ridurre significativamente i sintomi d’ansia in individui sani e fisicamente attivi. L’effetto sui sintomi depressivi appare più modesto e variabile, suggerendo una sensibilità differenziale agli stimoli in acuto dell’esercizio fisico. Questi risultati supportano l’uso di un RT non solo per la salute psicologica a lungo termine, ma anche come possibile intervento a breve termine per la regolazione emotiva in popolazioni sane e attive.