Il modello lineare del dispendio energetico sostiene che all’aumentare dell’attività fisica (PA), il dispendio energetico totale (TDEE) aumenti proporzionalmente e senza limiti.
Tuttavia, questo modello è stato messo in discussione da teorie alternative, come il modello vincolato (constrained TDEE).
Secondo queste teorie, esiste un tetto massimo nella TDEE: oltre una certa soglia, l’organismo non continua ad aumentare il dispendio energetico, ma compensa riducendo altre voci del bilancio energetico (es. funzioni immunitarie, riproduttive, attività spontanea quotidiana).
Quando si aggiunge l’attività fisica alla propria routine quotidiana, ci si aspetta intuitivamente un aumento del dispendio energetico giornaliero totale. Nella stragrande maggioranza dei casi, ciò avviene, ma non tanto quanto ci si aspetterebbe (o si prevede matematicamente in base al costo energetico dell’attività fisica). In pratica, il corpo “sposta” energia da un comparto all’altro per non superare un limite fisiologico di sopravvivenza. Ad esempio, aggiungere 100 kcal/giorno di attività fisica extra potrebbe aumentare il dispendio energetico giornaliero totale solo di 70 kcal/giorno, a seconda di fattori contestuali.
Un numero crescente di ricerche suggerisce che il corpo umano è in grado di compensare parzialmente (ma non completamente) il costo energetico dell’attività fisica strutturata abituale riducendo il dispendio energetico in altri processi. Questa attenuazione adattiva è chiamata compensazione energetica dell’esercizio fisico, che viene tipicamente quantificata come la differenza tra il TDEE (dispendio energetico giornaliero totale) previsto e il TDEE osservato (misurato).
Nell’articolo di Howard et al. (Proc Natl Acad Sci U S A. 2025 Oct 28;122(43): e2519626122. doi: 10.1073/pnas.2519626122), gli autori hanno svolto uno studio osservazionale (ricerca in cui i ricercatori non intervengono direttamente con trattamenti o manipolazioni sperimentali) che, a loro parere, non supporta il modello vincolato/compensato, ma conferma la relazione additiva convenzionale tra attività fisica e TDEE in un’ampia gamma di livelli di PA.
Sono stati selezionati 75 adulti sani di età compresa tra 18 e 63 anni.
I partecipanti presentavano un ampio spettro di livelli di attività fisica, da individui sedentari ad atleti di ultra-resistenza che avevano completato almeno una gara di distanza superiore alla maratona nell’ultimo anno. I partecipanti sono stati stratificati in base alla distanza settimanale di corsa o camminata auto-riferita per ottenere una distribuzione equilibrata tra i livelli di attività e sesso. Il campione ha mostrato un ampio e uniforme spettro di livelli di attività fisica in entrambi i sessi, con i partecipanti che hanno riferito di aver percorso da zero a quasi 129 chilometri a settimana di corsa o camminata.
Il protocollo di studio prevedeva misurazioni il giorno 1 e il giorno 15 per un periodo di due settimane.
Oltre alle misure antropometriche di base (come altezza e peso), è stata valutata la composizione corporea utilizzando la DEXA in entrambi i punti temporali.
È stato misurato il metabolismo basale (RMR) per due volte (all’inizio e alla fine del periodo di 15 giorni), utilizzando la calorimetria indiretta. Le misurazioni del RMR sono state effettuate dopo un digiuno di 12 ore e almeno 12 ore dopo l’ultima sessione di allenamento. Il consumo massimo di ossigeno è stato determinato attraverso un esercizio incrementale su tapis roulant fino all’esaurimento volontario.
Il dispendio energetico totale è stato misurato nell’arco dei 14 giorni utilizzando la tecnica dell’acqua a doppia marcatura, che rappresenta il gold standard per la stima del dispendio energetico giornaliero al di fuori di un laboratorio di ricerca.
L’attività fisica è stata valutata utilizzando accelerometri (ActiGraph) indossati in vita ininterrottamente per tutto il periodo di studio, con l’obiettivo di ottenere una misura oggettiva e quantitativa dell’attività fisica, utile per distinguere tra livelli di intensità (sedentario, moderato, vigoroso).
L’assunzione di cibo è stata valutata dai soggetti attraverso tre 24-hour recalls (ricostruzione dettagliata di tutto ciò che hanno mangiato nelle 24 ore precedenti). I soggetti hanno anche registrato un diario alimentare di quattro giorni utilizzato per calcolare i quozienti alimentari (food quotient è un indice che riflette la composizione dei macronutrienti della dieta, percentuale di carboidrati, grassi e proteine), per la stima del quoziente respiratorio nei calcoli del dispendio energetico.
Sono stati raccolti campioni di sangue per misurare i biomarcatori della funzionalità immunitaria, riproduttiva e tiroidea (questo ha permesso di verificare se l’aumento dell’attività fisica influenzasse altri sistemi biologici, come ipotizzato dal modello vincolato).
È stato calcolato il Metabolic Scope per ogni soggetto, indice che descrive quanto il TDEE di una persona si discosta dal RMR. In pratica, indica quante volte il corpo consuma energia rispetto al minimo necessario per mantenere le funzioni vitali a riposo:
- Valore = 1 → solo metabolismo basale
- Valore = 2 → il corpo consuma il doppio del RMR
- Valore = 2,5 → limite massimo osservato in condizioni di vita reale (limite fisiologico)
Nello studio si è verificato che questo indice aumentava proporzionalmente al livello di attività fisica, misurato oggettivamente con gli accelerometri. In altre parole: più movimento, maggiore TDEE rispetto al RMR, Metabolic Scope più alto. Nessun soggetto ha superato il valore di 2,5.
Le analisi statistiche hanno utilizzato modelli di regressione lineare e non lineare per esaminare le relazioni tra attività fisica e dispendio energetico totale, con analisi eseguite sia con dati normalizzati che non normalizzati alla massa magra.
Il peso dei partecipanti è rimasto stabile per tutto il periodo di studio.
I risultati hanno evidenziato una relazione lineare significativa tra attività fisica e TDEE: più attività fisica più TDEE, in modo proporzionale.
La PA spiegava circa il 35–37% della variabilità del TDEE tra i partecipanti.
La relazione si manteneva anche quando il TDEE veniva aggiustato per la massa magra o per il RMR. Questo significa che l’effetto della PA sul TDEE non dipende semplicemente dalla quantità di tessuto metabolicamente attivo. Non si è trovata nessuna relazione tra PA e RMR: l’attività fisica non influenzava il metabolismo basale, né prima né dopo le correzioni.
Il RMR rimaneva stabile, indipendente dai livelli di attività.
Si è trovata una relazione positiva con l’energia spesa durante l’attività (AEE, quota del TDEE attribuibile al movimento volontario e strutturato, come camminare, correre, allenarsi): la PA era fortemente correlata con l’AEE, sia prima che dopo le correzioni relative alla massa magra.
Non sono state trovate relazioni significative tra il TDEE, corretto per la massa magra, e i biomarcatori della funzione immunitaria, riproduttiva e tiroidea. In altre parole, l’aumento dell’attività fisica e del dispendio energetico non sembrava influenzare direttamente questi sistemi fisiologici.
In conclusione, secondo gli autori, i risultati di questo studio osservazionale non supporterebbero il modello vincolato/compensato, ma confermerebbero la relazione additiva convenzionale tra PA e TDEE. Quindi, l’aumento di movimento si traduce direttamente in maggiore energia spesa in attività.
In realtà, i partecipanti hanno mantenuto un peso stabile durante lo studio e tutti hanno ottenuto un Metabolic Scope ≤ 2,5, cioè il limite massimo previsto dal modello vincolato. In questo scenario, non ci si aspetta compensazione significativa: la linearità osservata è coerente con il modello, non in contraddizione. La compensazione energetica emerge solo in condizioni di deficit calorico o di attività estrema (Metabolic Scope > 2,5), non in equilibrio energetico. Lo studio, quindi, non contraddice il modello vincolato.

