Allenamento Asimmetrico E Attivazione Muscolare Nella Bench Press

Allenamento Asimmetrico E Attivazione Muscolare Nella Bench Press

La bench press (BP), un esercizio completo che coinvolge più articolazioni e gruppi muscolari, è l’esercizio preferito da atleti, bodybuilders e weightlifters che mirano a migliorare la forza e l’esplosività degli arti superiori.

La ricerca ha dimostrato asimmetrie tra gli arti, che portano ad un’esecuzione tipicamente instabile dell’esercizio.

Di conseguenza, le strategie volte a mettere in sinergia i muscoli del core, responsabili della stabilità del tronco, con i muscoli degli arti superiori, che forniscono la forza nella bench press, sono diventate un punto focale delle recenti ricerche.

I ricercatori hanno sviluppato diverse tecniche di intervento per affrontare l’instabilità intrinseca del movimento della  bench press. Tra queste rientrano modifiche nella superficie di appoggio, utilizzo di bilancieri non convenzionali (Bandbell bar), l’inserimento di carichi oscillanti (sia frontali che laterali) e variazioni nella posizione supina del tronco, come i piedi a terra o la flessione attiva dell’anca e del ginocchio.

L’obiettivo principale di queste tecniche è ottimizzare la coordinazione tra gli arti superiori e i muscoli del core, riducendo il rischio di infortuni e migliorando la performance dell’esercizio. In particolare, molti studi si sono concentri prevalentemente sul lato dell’arto dominante, trascurando i cambiamenti di attivazione muscolare su quello non dominante.

Le disparità osservate nell’attivazione muscolare tra il lato dominante e quello non dominante possono essere attribuite a effetti di asimmetria tra gli arti. Le asimmetrie inter-arto quantificano le differenze nelle capacità fisiche tra i due lati del corpo, come forza, esplosività, flessibilità ed equilibrio. Queste asimmetrie possono derivare da fattori innati, come la dominanza di un arto, o acquisiti, come l’allenamento sportivo specializzato o il recupero da un infortunio, e possono influenzare profondamente le prestazioni atletiche e predisporre agli infortuni.

L’allenamento asimmetrico (Offset Training, OT) sfrutta la disparità nei livelli di attivazione muscolare tra il lato dominante e quello non dominante del corpo. Migliora i requisiti di equilibrio e stabilità creando intenzionalmente una distribuzione asimmetrica dei carichi esterni durante l’allenamento contro resistenza bilaterale. Ciò aumenta significativamente il livello di attivazione dei muscoli sul lato sottoposto a carico.

L’OT è efficace nel correggere gli squilibri di forza muscolare, ridurre il rischio di infortuni e migliorare le prestazioni atletiche complessive. Il metodo può essere applicato a varie forme di allenamento bilaterale come nella bench press, squat e deadlift.

Diversi studiosi hanno impiegato interventi con carico asimmetrico durante la bench press, studiando le variazioni nei livelli di attivazione muscolare sul lato dominante e non dominante. Sono stati svolti interventi con carico asimmetrico del 2,5%, 5% e 7,5% su entrambi i lati.

I risultati hanno rivelato che, indipendentemente dal lato (dominante o non dominante) su cui veniva applicato il carico, il livello di attivazione muscolare sul lato caricato aumentava in misura variabile. Inoltre, si è scoperto in ricerche successive che scaricare del 5% e del 10% il peso sul lato non dominante può compromettere la capacità degli atleti di mantenere il controllo del bilanciere, causandone movimenti indesiderati. Inoltre, interventi che prevedevano carichi asimmetrici del 5% e del 10% hanno portato ad un aumento dell’attività muscolare nei gruppi muscolari del core sul lato caricato, rispettivamente del 280% e del 320%, mentre si sono osservate alterazioni minime nei livelli di attivazione dei muscoli primari sia negli arti superiori dominanti che in quelli non dominanti, come il tricipite brachiale, il deltoide anteriore e il grande pettorale. Inoltre, nessuno degli studi ha affrontato la questione della fatica indotta dall’esercizio. Data la significativa differenza nei modelli di reclutamento muscolare tra l’allenamento con carico asimmetrico e l’allenamento tradizionale, un eccessivo affaticamento indotto dall’esercizio potrebbe avere un impatto negativo sul reclutamento neuromuscolare. Pertanto, è fondamentale studiare l’incidenza dell’affaticamento indotto dall’esercizio durante l’allenamento con carico asimmetrico.

Nello studio di Yan et al. (Front. Physiol.,2025, Volume 16. doi: 10.3389/fphys.2025.1592477), gli autori hanno valutato gli effetti di un allenamento asimmetrico con carichi graduali sugli schemi di attivazione muscolare, fatica indotta e prestazioni motorie nella bench press.

Sono stati selezionati dieci atleti maschi (bodybuilders con un minimo di 3 anni di esperienza di allenamento contro resistenza costante, con un attuale regime di allenamento regolare; un 1 RM sulla bench press di almeno il 120% della massa corporea; età: 24,20 ± 1,91 anni; 1 RM bench press: 120,00 ± 14,66 kg).

I soggetti hanno eseguito quattro serie di bench press con diversi carichi asimmetrici. Le sessioni con diversi gradi di asimmetria erano separate da intervalli di tempo di 48 ore, per eliminare gli effetti di interferenza.

I carichi asimmetrici sono stati suddivisi in quattro livelli: 0%, 2%, 4% e 6% di asimmetria.

L’ordine di queste condizioni era randomizzato. In tutte le condizioni di carico asimmetrico, il carico totale è stato mantenuto al 70% del 1 RM (con una precisione di 0,25 kg). Tuttavia, la distribuzione del carico tra il lato dominante e quello non dominante differiva nelle diverse condizioni. Il lato dominante era definito come l’arto utilizzato preferibilmente dai partecipanti per eseguire un’azione di lancio.

Un carico pari all’1% del 1 RM è servito da valore di base per definire la differenza di carico tra i lati, con il lato dominante scarico e il lato non dominante caricato in modo asimmetrico.

I modelli di carico specifici erano i seguenti: 0% di asimmetria: carico uguale su entrambi i lati dominante e non dominante. 2% di asimmetria: lato dominante scaricato dell’1% 1 RM, lato non dominante caricato dell’1% 1 RM; 4% di asimmetria: lato dominante scaricato del 2% 1 RM, lato non dominante caricato del 2% 1 RM; 6% di asimmetria: lato dominante scaricato del 3% 1 RM, lato non dominante caricato del 3% 1 RM.

La durata della ripetizione era controllata tramite un metronomo: 2 s per la fase eccentrica e 1 s per quella concentrica. Durante l’esercizio, i soggetti dovevano mantenere un contatto continuo della testa, spalle e fianchi con la panca. Il bilanciere doveva toccare il petto e bisognava raggiungere la completa estensione del gomito per garantire un’esecuzione standardizzata del movimento.

Ogni serie doveva essere portata fino al cedimento: quando il soggetto non era in grado di completare un’altra ripetizione attraverso l’intero arco di movimento o la eseguiva accompagnata da deviazioni del movimento (ad esempio deviazione della traiettoria del bilanciere, sollevamento di spalle/fianchi dalla panca), non riusciva a mantenere  il ritmo di movimento o mostrava una ridotta stabilità del core, era confermato il cedimento e il test viene immediatamente interrotto.

Il giorno dell’esperimento, sono state eseguite, prima della prova con i carichi asimmetrici su otto muscoli target (il grande pettorale PM, il tricipite brachiale TB, il deltoide anteriore DA, muscoli obliqui esterni EO, sia del lato dominante che di quello non dominante), le misurazioni della contrazione isometrica volontaria massima (MVIC), per la normalizzazione dei dati elettromiografici (MVIC%)

Inoltre, sono state registrate le variazioni dell’elettromiografia di superficie (sEMG) dei muscoli bersaglio, la velocità/potenza del bilanciere, nonché la frequenza cardiaca e i livelli di lattato nel sangue pre e post allenamento, per valutare i modelli di attivazione muscolare e le risposte alla fatica indotta dall’esercizio sotto vari gradi di carico asimmetrico.

I risultati principali hanno evidenziato una significativa asimmetria inter-arto sotto carico simmetrico (0% asimmetria), con il PM  (51 ± 6,82 vs 35 ± 5,32 MVIC%, p = 0,009) e il DA (48,2 ± 5,05 vs 32,6 ± 9,21 MVIC%, p = 0,038) del lato dominante che presentavano un’attivazione maggiore rispetto al lato non dominante. Il carico asimmetrico ha mitigato efficacemente questo squilibrio: l’intervento del 6% ha aumentato l’attivazione del PM  (54,4% ± 8,46% vs 0%: 35 ± 5,32 MVIC%, p = 0,035) e quella del DA (52,3% ± 12,7% vs 0%: 32,6 ± 9,21 MVIC%, p = 0,022) non dominante, ma anche il reclutamento compensatorio del EO (31,1% ± 12,3% vs 0%: 12,8 ± 3,34 MVIC%, p < 0,001), deviando lo sforzo dai muscoli primari e spostando gli obiettivi dell’allenamento.

I parametri delle prestazioni sono diminuiti progressivamente con una maggiore asimmetria: il carico del 6% ha ridotto la velocità media (MV) e di picco del bilanciere (MV: 0,28 ± 0,03 vs 0%: 0,38 ± 0,04 m/s, p < 0,001), le ripetizioni (6,63 ± 2,40 vs 0%: 13,90 ± 2,52, p < 0,001) e la potenza media (MP: 357 ± 43 vs 0%: 437 ± 53,70 W, p = 0,009). Questo suggerisce che un’elevata asimmetria compromette la capacità di generare forza in modo efficiente, probabilmente a causa di un maggiore impegno neuromuscolare e di compensazioni muscolari indesiderate.

I marcatori della fatica fisiologica sono diminuiti al 6% di asimmetria, come evidenziato dalla minor concentrazione di lattato nel sangue post-esercizio (7,42 ± 1,59% vs 0%: 9,88 ± 0,75 mmol/L, p = 0,003) e dal recupero della frequenza cardiaca.

In conclusione, lo studio identifica un carico asimmetrico del 2%-4% come ottimale per migliorare l’attivazione dei muscoli non dominanti riducendo al minimo l’affaticamento, mentre interventi al 6% inducono una compensazione del core e un peggioramento delle prestazioni.

Questi risultati stabiliscono soglie basate sull’evidenza per protocolli di allenamento, affrontando l’asimmetria inter-arto e bilanciando al contempo l’efficacia neuromuscolare e lo sforzo fisiologico.