Esercizio fisico e mitocondri: come l’attività muscolare stimola la nostra centrale energetica

Esercizio fisico e mitocondri: come l’attività muscolare stimola la nostra centrale energetica

Il muscolo scheletrico è un tessuto altamente dinamico e plastico, controllato volontariamente dal sistema nervoso centrale per generare forza e movimento. Gran parte delle sue funzioni cellulari dipende dall’attività dei mitocondri, organelli cruciali per l’omeostasi cellulare e il metabolismo energetico. Durante l’esercizio la richiesta di ATP aumenta notevolmente, stimolando i mitocondri a rispondere con adattamenti che includono la biogenesi mitocondriale, ossia la produzione di nuovi mitocondri attraverso processi di fusione e fissione.

Questo processo è regolato da fattori di trascrizione come NRF-1, NRF-2, TFAM, p53 e soprattutto dal coattivatore PGC-1α, considerato il principale regolatore. L’espressione di PGC-1α aumenta in condizioni di maggiore richiesta energetica, come freddo, digiuno o esercizio fisico, e nel muscolo scheletrico viene attivato e traslocato nel nucleo per avviare la sintesi delle proteine mitocondriali. Diversi studi hanno mostrato che l’incremento della capacità aerobica indotto dall’allenamento è legato al miglioramento della funzione e della biogenesi mitocondriale, con effetti positivi riscontrati anche in pazienti con malattie cardiovascolari.

La biogenesi mitocondriale è uno degli adattamenti chiave dell’esercizio fisico a livello muscolare, con ricadute dirette sulla capacità ossidativa, sulla performance di resistenza e sulla salute metabolica. Un recente studio pubblicato su Biomolecular Concepts (Abrego-Guandique et al., 2025, doi: 10.1515/bmc-2025-0055) ha condotto una revisione sistematica e meta-analisi di trial clinici randomizzati per chiarire il reale impatto dell’esercizio sull’attivazione dei meccanismi molecolari coinvolti nella sintesi e nel turnover mitocondriale.

I risultati principali

  • Il biomarcatore maggiormente analizzato è stato PGC-1α (Peroxisome proliferator-activated receptor gamma coactivator 1-alpha), considerato il “master regulator” della biogenesi mitocondriale.
  • L’esercizio cardiorespiratorio ha determinato un aumento significativo dell’espressione di PGC-1α, con un effect size ampio (Hedge’s g = 1,17; IC95%: 0,14–2,19; I² = 84,5%).
  • Non sono emerse differenze statisticamente significative tra interval training (Hedge’s g = 1,29) e continuous training (Hedge’s g = 1,01), suggerendo che entrambe le modalità siano efficaci nel promuovere la biogenesi mitocondriale.

Implicazioni per i professionisti dell’esercizio

Per allenatori, preparatori e personal trainer, questi risultati offrono alcune indicazioni cruciali:

  • Scelta del metodo – Non è la forma (HIIT vs steady-state) a determinare l’adattamento mitocondriale, ma la presenza costante di stimoli cardiorespiratori adeguati in termini di intensità e volume.
  • Intensità dell’allenamento – L’attivazione di PGC-1α è particolarmente sensibile a stimoli moderati-alti e a condizioni di stress energetico (riduzione di fosfocreatina e glicogeno, aumento di AMP/ADP).
  • Meccanismi intracellulari – L’aumento di PGC-1α è mediato da pathway come AMPK, CaMK e p38 MAPK, che si attivano in risposta al carico metabolico e alla contrazione muscolare prolungata.
  • Adattamenti funzionali – Un incremento della densità mitocondriale migliora la capacità ossidativa, riduce la produzione di lattato a parità di intensità e aumenta la resistenza alla fatica.

L’interesse non riguarda solo lo sport: la capacità di stimolare la biogenesi mitocondriale tramite esercizio ha implicazioni nella prevenzione e gestione di patologie metaboliche (obesità, insulino-resistenza, diabete di tipo 2), e nel mantenimento di una migliore funzionalità muscolare durante l’invecchiamento.
Per i professionisti dell’esercizio fisico, questo lavoro rappresenta un’ulteriore conferma: i protocolli cardiorespiratori, indipendentemente dalla modalità, devono essere considerati strumenti fondamentali non solo per la performance ma anche per la salute a lungo termine. Il futuro della programmazione potrebbe concentrarsi sempre più sull’integrazione mirata di stimoli metabolici capaci di modulare direttamente la biologia cellulare, con effetti tangibili sulla longevità funzionale dell’organismo.