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Variabilità  biologica nella fase di sprint: miglioramento o ostacolo della performance?

Notizia Testuale Free Sport

In questo studio si è studiata la variabilità biologica del movimento all'inizio e nelle prime fasi di accelerazione di uno sprint. Dieci atleti di sesso maschile di età compresa tra 17-23 anni (100 m miglior tempo: 10.87 +/- 0.36 s) hanno eseguito quattro sprint di 10 m. Due videocamere ad alta frequenza (250 Hz) hanno registrato l'azione sul piano sagittale in maniera da ottenere una cinematica in due dimensioni nel blocco di partenza e dei passi iniziali. Successivamente si è utilizzato il sistema APAS per un'analisi digitalizzata del movimento. Sono stati utilizzali i raggi ad infrarossi (80 Hz) per misurare il tempo dello sprint nei 10 m. In ogni rilevamento dal calcolo del coefficiente di variazione (CV%) è stata sottratta la variabilità del movimento biologico (BCV%) e la stima della variabilità indotta dall'errore tecnologico (SEM%). Il coefficiente di correlazione di Pearson e un'analisi di regressione lineare è stata utilizzata per stabilire le relazioni tra le misure di BCV% e i 10 m di sprint (miglior tempo) e con la consistenza della performance dei 10 m (tempo dei 10 m BCV%) usando la versione 12.0 del SPSS. L'errore di misurazione è stato gonfiato dalle misure tradizionali della variabilità (CV%) del movimento fino al 72%. La variabilità osservata nell'esecuzione di queste prove è stata significativamente più bassa di quella osservata nella velocità di rotazione delle articolazioni. Concludendo, una consistente produzione di velocità orizzontale all'uscita dai blocchi rende più stabile e più veloci i passi iniziali. Bradshaw EJ, Maulder PS, Keogh JW Sports Biomech. 2007

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