L'età avanzata è uno dei principali fattori di rischio per molti dei disturbi neurologici più comuni. Le misure dell'età biologica (BA), come la lunghezza dei telomeri, gli orologi epigenetici e i biomarcatori compositi, sono state sviluppate per rappresentare l'eterogeneità nel modo in cui le persone invecchiano e spiegare gli esiti associati all'età in un modo più sfumato rispetto all'età cronologica (CA; tempo trascorso dal nascita). Alcuni degli approcci clinicamente più rilevanti per misurare la variazione dell'BA nei biomarcatori clinici misurati di routine, con studi precedenti che hanno dimostrato che, quando tali misure riguardanti la BA sono più elevate di quanto ci si aspetterebbe per la propria età cronologica, aumenta il rischio di mortalità, di diversi tumori e depressione/ansia. Tuttavia, pochi studi hanno valutato le associazioni tra queste misure della BA e il rischio di disturbi neurologici e spesso questi studi presentano una bassa potenza statistica nell'esame di malattie meno comuni. Nello studio di Mak et al. (J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2023 Nov 5: jnnp-2023-331917. doi: 10.1136/jnnp-2023-331917), gli autori hanno analizzato se un'età biologica avanzata aumenti i rischi di sviluppare malattie neurologiche, tra cui demenza, ictus, morbo di Parkinson e malattia legate ai motoneuroni. Sono stati esaminati oltre 325.000 soggetti (età media 56,4; 54,2% donne), facenti parte della UK Biobank Cohort, coorte basata su di una popolazione di 500.000 partecipanti reclutati nel Regno Unito tra il 2006 e il 2010 di età compresa tra i 37 e 73 anni. Per valutare la BA, si sono analizzati 18 biomarcatori raccolti durante i controlli medici condotti tra il 2006 e il 2010. Questi includevano pressione sanguigna, glicemia, livelli di colesterolo, marcatori di infiammazione, circonferenza vita e capacità polmonare, e altri biomarkers le cui misure vengono utilizzate soprattutto nella previsione di rischi cardiovascolari. I partecipanti sono stati seguiti per nove anni per vedere chi sviluppasse malattie neurologiche. Quelli con età biologica più avanzata all'inizio dello studio avevano rischi significativamente più elevati di demenza e ictus nel decennio successivo, anche dopo aver considerato differenze genetiche, di sesso, di reddito e di stile di vita. Quindi, se si considerano due sessantenni facenti parte dello studio, uno con età biologica di 65 anni, e l'altro di 60, il primo avrà un rischio maggiore di demenza del 20% e un rischio di ictus maggiore del 40%. Vale la pena notare che, mentre la BA avanzata ha mostrato una forte associazione con demenza e ictus, si è riscontrato un legame più debole con malattie dei motoneuroni e persino una direzione opposta per il morbo di Parkinson. Il morbo di Parkinson presenta spesso caratteristiche uniche. Ad esempio, sebbene il fumo acceleri l'invecchiamento, paradossalmente esercita un effetto protettivo contro questa malattia. I risultati mostrano che i processi di invecchiamento biologico probabilmente contribuiscono in modo sostanziale alla demenza e all'ictus nell'età avanzata. Insieme ad una precedente ricerca che mostrava un'associazione significativa tra età biologica avanzata e rischio di cancro, questi risultati suggeriscono che rallentare il declino interno del corpo può essere la chiave per prevenire le malattie croniche in tarda età. La valutazione della BA da campioni di sangue di routine potrebbe un giorno diventare una pratica standard. Quelli che presentano un invecchiamento accelerato potrebbero essere identificati decenni prima che si manifestino i sintomi della demenza. Sebbene attualmente sia incurabile, la diagnosi precoce offre opportunità per cambiamenti preventivi dello stile di vita e un attento monitoraggio. Ad esempio, la ricerca ormai indica che la BA può essere rallentata o addirittura invertita mediante interventi sullo stile di vita che comprendano esercizio fisico, sonno, dieta e integratori nutrizionali.